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Quando c’era lui cara Lei

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Critica all’ostracismo  decretato a Sgarbi dalla nuova direttrice della Rai

Gentile Direttore,
il giorno dopo la trasmissione del programma di Vittorio Sgarbi su Raiuno la maggioranza degli opinionisti lo ha accusato di avere utilizzato, monopolizzandolo, il mezzo televisivo per scopi personali o per vendicare fatti legati alla sua vita politica. Sospendendolo, e utilizzando come motivazione gli scarsi ascolti, non si è colta l’opportunità che il programma offriva al mondo della cultura. Hanno rimproverato a Sgarbi uno stile confusionario e non perfetto, cadendo così nella trappola degli schemi rigidi.
L’imperfezione di Vittorio, invece, è sintomo di fantasia e creatività, frutto di improvvisazione e di una capacità di non fissare le scalette in modo meccanico o preordinato, libera dall’ossessione della forma. Ho partecipato come cantante al programma, preferendo sinora rimanere al di fuori dei dibatti. Nel nostro Paese, che ha forti difficoltà a conservare la cultura del passato e a proporne di nuova, abbiamo stroncato qualcuno che la sa trasferire, inserire nel fare quotidiano e farla diventare mestiere, lavoro. Da molti anni si dice che la Rai non fa più servizio pubblico perché si adegua alla concorrenza. Questa volta si è sentito parlare di Carmelo Bene, Pier Paolo Pasolini, Leo Longanesi. Abbiamo assistito a un processo creativo, teso, appassionato, confuso, ma autentico. La Rai pareva tornata alla funzione del servizio pubblico: educativa, capace di prendere per mano il mercato e di condurre il pubblico verso la conoscenza. Come fu nel Dopoguerra quando la tv pubblica svolse un’importante ruolo nella ricostruzione culturale e psicologica dell’Italia. Quindi quell’8% di share non dovrebbe essere rilevante: quando si tratta di Cultura i numeri andrebbero lasciati da parte. Sarebbe come dire che non si deve ristampare Dostoevskij perché oggi vende Fabio Volo. Abbiamo preferito di nuovo farci sommergere dall’immondizia della tv di mercato. Sgarbi è uomo disinteressato, non ha alcun interesse, se non quello di un grande ego. Questo è tipico delle persone narcisistiche, ma non mi sembra un problema. Va giudicato secondo la qualità delle informazioni che trasferisce. Sgarbi avrebbe potuto imparare quelle sciocchezze che sono i tempi tecnici e i tempi televisivi, bazzecole in confronto al saper leggere e commentare la Cappella Sistina. Quando l’ho abbracciato in diretta ho sentito la stretta di una persona profondamente desiderosa di amicizia e umanità. ネ stupido lasciare solo uno che ha questo slancio e sa trasferire il sapere.
ネ stupido non accettare l’invito di un uomo assetato di cultura, lasciando vuoto uno spazio destinato a tutti quelli che hanno qualcosa da dire. Col suo rifiuto (o la sua astensione) la cultura italiana dimostra perché fa fatica a riprendere il volo. Fermandosi nel giudizio ai primi cinque minuti di monologo si è fermata all’aspetto superficiale. Con queste mie parole spero di far riflettere qualcuno e mi auguro che si ritorni sulla decisione della sospensione. Come disse Moravia dal palco del funerale di Pasolini: “Abbiamo ucciso un uomo raro e un poeta e di questi tipo di uomini ne nasce uno ogni 300 anniサ” E i poeti dovrebbero essere santi e non uccisi a bastonate. Con le dovute differenze, è certo che Sgarbi non è un uomo comune, ha il Verbo dalla sua. Noi che siamo incapaci di comprendere quanto questo sia prezioso, oggi gli tappiamo la bocca. Io so però che ha una forza e una sfacciataggine che gli permetteranno di andare ancora avanti in altre imprese audaci. Meno male.

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