Una raccapricciante relazione a Boston ci rivela il traffico d’organi espiantati a barboni, poveracci, malati di mente, prigionieri politici, schiavi.
BOSTON – La relazione di Nancy Scheper-Hughes, antropologa medico dell’universita’ della California meglio conosciuta come la “cacciatrice dei compratori di organi”, è fissata per le sette del mattino. Mancano dieci minuti all’inizio e la sala è stracolma, oltre trecento persone. Posti in piedi. Comincia alla grande la terza giornata di lavori del congresso americano degli specialisti dei trapianti. Seduti nelle prime file medici che arrivano dall’India, Sud Africa, Pakistan, Filippine, Moldavia, Perù, Brasile. I paesi in cui il commercio di reni, o di fegato, è più florido. I paesi in cui i pescecani vanno in cerca di poveri cristi da ricattare, operare e ricompensare con misere somme di denaro. La dottoressa parla a raffica, il tono e il contenuto della sua relazione fanno sembrare la sala un’immensa aula di tribunale. Un processo sui diritti negati dell’uomo. Il velo strappato su un mondo in cui in cui una parte (ricca) riesce a vivere e a guarire a discapito di un’altra sconosciuta e povera. Quella che, per tirare avanti, spesso non ha altro che un organo del proprio corpo da vendere. “Spara” diapositive a raffica, prima gli elenchi dei paesi dove si fa il reclutamento, poi quelli dove si fanno gli interventi chirurgici, poi i compratori e le tariffe. Segue un lunghissimo rosario di foto: schiene di giovani uomini indiani massacrati da cicatrici che li attraversano dalla schiena all’addome, compratori che brindano in qualche parte del mondo prima di essere identificati e arrestati, chirurghi (molti turchi) che si prestano a impiantare organi comprati clandestinamente, mediatori che campano sulle disgrazie altrui, quelle dei pazienti e quelle dei venditori. Il dossier ammutolisce, la dottoressa Nancy ha sotto controllo l’intero commercio nel mondo. Anche con nomi e cognomi. Invita i medici in sala a mobilitarsi, a parlare, a denunciare e lavorare per le donazioni spontanee e gratuite. Finisce l’intervento ed è un’ovazione. Si siede, stanca e un po’ assonnata, ma non si tira indietro se le si chiede di fermarsi un po’. In una delle diapositive che lei ha presentato c’è anche l’Italia tra i paesi da cui partono i “turisti dei trapianti”. Un fenomeno preoccupante? «Negli ultimi tempi il fenomeno è diminuito, ma dall’Italia fino a non tanto tempo fa, partivano molti pazienti verso la Turchia. Lì veniva trapiantato generalmente il rene che arrivava dalla Moldavia o dall’Albania». Un viaggio tutto compreso? «Una tariffa unica per il trasporto, il soggiorno, sia in albergo che in ospedale, e il medico. Un rene della Moldavia e dell’Albania può costare circa 2700 dollari (più o meno l’equivalente in euro ndr), della Turchia dai 5mila ai 10mila. Il conto si fa presto». Lei ha disegnato il profilo di quelli costretti a vendere, chi sono? «Barboni senza casa, rifugiati politici, malati di mente, persone indebitate, poveri che non sanno come mandare avanti la famiglia. Tante donne sole». Lei ha anche fotografato i mediatori, non ha paura? «Questo e’ il mio lavoro. Altrimenti come faccio a dire che dietro questo mercato ci sono gli stessi che fanno commercio di immigrati, ex prostitute, “mafiosi”, organizzazioni criminali di tutto il mondo». Anche il medico turco Yusef Somnez… «Nel dossier ci sono tutti i protagonisti di questa tragedia. Ha visto quell’uomo pakistano che ha preso 1200 dollari per il suo rene perchè indebitato e ora non riesce più a lavorare perchè sta male?». Lei crede che se fosse legale pagare un organo le cose cambierebbero? «Gli organi mai e poi mai devono essere pagati. Questo commercio va stroncato solo con la denuncia».