Purtroppo la consapevolezza la si ha solo in ambienti che non si dicono sovranisti e non rispondono a logge inglesi
La clamorosa vittoria degli europeisti il 17 marzo alle elezioni olandesi ha stupito tutti per dimensioni. Il fatto si spiega perché la politica, lì come in tanti paesi, si è occupata di questioni serie e non si è limitata alle liti tra i capponi di Renzo come avviene in Italia da tanto di quel tempo che non riusciamo più a datarne l’inizio.
Da diversi decenni ogni paese che ambisce a ruolo di player, fosse pure minore, si è dotato di think tanks strategici e ha posto sul tavolo problematiche e possibili soluzioni, non soltanto ingiurie, slogan e richiami a elisir miracolosi che fanno più Pappagone che Cagliostro.
Oggi noi ci troviamo alle prese con diverse crisi epocali e quindi con una fase di passaggio in cui non è consentito sbagliare e neppure acquisire ritardo.
Siamo afferrati in una vera e propria contesa mondiale di cui in Italia non cogliamo assolutamente nulla ed è quello che c’impedirà di assumere un ruolo che gli altri invece ci riconoscerebbero volentieri.
Le domande degli olandesi
In Olanda una convergenza tra analisti di centrodestra e di centrosinistra, per voce dei loro principali esponenti (Monika Sie Dhian Ho, Luck van Middelaar, Frans-Paul van der Putten), attirava immediatamente l’attenzione sulla posta in gioco.
Si partiva da una disamina del ruolo storico olandese. Fin dalle guerre napoleoniche sotto l’ala britannica, dopo Jalta e la decolonizzazione i Paesi Bassi si legavano all’entroterra economico tedesco ma alla fedeltà strategica americana e si trasformavano in uno dei principali agenti Wasp nella Ue.
Oggi, concordano gli analisti, il sentimento di unità transatlantica vacilla perché le due sponde dell’oceano divergono negli interessi primari. Quindi è giunto il momento di passare ad un’altra fase.
Che può accadere e cos’è meglio per l’Olanda?
Se – come insistono le destre servili – il rapporto tra Usa e Cina si trasformerà in guerra fredda, il fronte atlantico potrà resistere. Poiché questo non è certo e soprattutto non è auspicabile, gli olandesi “dovrebbero smetterla di coinvolgere sempre il Regno Unito o gli Stati Uniti per fare da contrappeso al duo Francia-Germania”.
Sovranità nella sovranità
La riflessione è molto articolata ed è davvero un peccato che nessuno l’abbia avviata da noi che ci troviamo nella medesima situazione degli olandesi ma con un potenziale maggiore.
Francia e Germania rappresentano un G2 e non un G1 ed è quindi possibile anche per soggetti minori acquisire un peso e una voce con loro nella dialettica tra loro, possibilità che con Washington sarebbe pari a zero. Tra l’altro, rimarcano gli analisti, nell’attuale fase è apparso chiaro che ci vuole l’intervento dello Stato per garantire le condizioni di certezza delle condizioni di esistenza di tutti. Quindi, nella dialettica con Francia e Germania e con il recupero sia pur parziale del ruolo statale, gli analisti intravedono una difesa della sovranità olandese all’interno della sovranità europea e assolutamente non all’infuori di essa.
Non sappiamo quale sia stata la misura esatta dell’influenza di queste considerazioni sulla politica ma l’elettorato olandese sembra proprio avere votato con questo sentimento.
Così l’Eliseo
Poco tempo prima Macron aveva affermato: “Ora siamo preda della nostra volontà accanita, assoluta, di riprendere il controllo della nostra vita personale e della Francia in quanto nazione. E ciò anche battendoci per l’Europa che è al tempo stesso un ideale e un formidabile strumento per riprendere il controllo del nostro destino economico, tecnologico, militare e culturale. Non più un’Europa mercato, ma un’Europa geopolitica, un’Europa di progetto. In fondo è ritrovare la forza e il senso di una sovranità che non sia ripiegamento. La capacità francese di ritrovare il proprio destino passa per quest’Europa, più sovrana”.
Notano gli osservatori che la concezione di sovranità europea non si traduce, in Macron, nell’abbandono della difesa della sovranità nazionale, tutt’altro.
Sputiamoci in faccia
La storia si muove e chi l’osserva difficilmente spara le minchiate che siamo abituati a leggere sui social e ad ascoltar pronunciate dai piazzisti di emozioni a buon mercato.
Queste considerazioni olandesi e francesi non sono di poco conto, anche perché attestano una ricerca di sintesi: la frazionista Olanda vuole ritrovarsi in un mosaico più vasto, l’universalista Francia vuole saldare lo sguardo internazionale con l’orgoglio sovrano.
Ovviamente le basi sono fragili perché lo spirito, l’anima e la mentalità di tutte le società occidentali, che si ripercuotono nelle falle istituzionali, nazionali e della Ue, e non provengono da esse, vanno rivoluzionati ed è imperativo dedicarsi in primo luogo a quest’obiettivo.
Il che non significa che si debbano intanto perdere il senso del reale e le ambizioni di potenza.
L’unione tra queste due necessità dovrebbe essere lo scopo delle avanguardie.
Nello spazio storico-culturale dove questo dovrebbe prodursi sono stati invece paracadutati dei tristi demoni di gravità, servili e con il torcicollo, che hanno prodotto un sovranismo ad uso e consumo della schiavitù. Poiché la natura ha orrore del vuoto, dobbiamo registrare noi con orrore che le cose più giuste e intelligenti che avrebbero dovuto essere state definite da un certo mondo vengono invece da alcuni settori del main stream. Del che non dobbiamo scandalizzarci, dobbiamo soltanto guardarci allo specchio e sputarci in faccia.
Non sarà sufficiente ma, seppur poco severa, sarà cosa assai giusta.