Altro tassello alla strana storia dell’11 settembre. Il giornalista Mossadeq Ahmed (un nome, un programma) sostiene che l’amministrazione Bush ha lasciato fare ad al Qaeda
L’OSCURO COMPLOTTO DELL’ARCHIVISTA
«Quelle torri stanno per venire giù», confidò qualche mese prima dell’11 Settembre di tre anni fa, dopo una cena in un ristorante, un agente del governo pakistano all’agente dell’Fbi Randy Glass, impegnato come informatore in un’operazione antiterrorismo. E fu grande lo stupore di Glass quando scoprì che gli alti funzionari del governo statunitense a cui aveva prontamente trasmesso l’avviso dell’imminente attacco al Word Trade Center erano del tutto disinteressati a un’indagine a riguardo. «Invece – racconta – diedero ordine di addolcire le denunce», che vennero quindi sigillate. E’ con scrupolo da archivista che il giovane studioso inglese di origine bengalese Nafeez Mossadeq Ahmed raccoglie testimonianze come quella di Glass, o di altri agenti, informatori, giornalisti, assieme a documenti pubblici e rapporti ufficiale per cercare di «capire il fenomeno del terrorismo» e comprendere cosa sia realmente avvenuto negli Stati uniti l’11 settembre 2001. In sostanza, sostiene Nafeez, quel martedì nero lontano da essere il frutto di carenze nell’operato delle agenzie statunitense di intelligence, fu il risultato di una complicità nelle alte sfere politiche. «Un lasciar fare» voluto da un’amministrazione in crisi di legittimità ma decisa a cambiare la rotta degli eventi grazie a un attentato che avrebbe sconvolto il mondo. A dimostrarlo, 551 pagine-denuncia raccolte in Guerra alla verità. Tutte le menzogne dei governi occidentali e della commissione “indipendente” Usa sull’11 settembre e su al Qaeda».
L’incontro con Nafeez è avvenuto a Roma durante il brevissimo soggiorno per lanciare il libro. «Non ho fatto altro – spiega – che collezionare documenti e testimonianze mostrando le contraddizioni in cui è più volte caduta l’amministrazione Bush e come l’intero lavoro della commissione d’inchiesta sull’11 settembre del Congresso Usa sia in realtà un colossale falso. D’altronde non potrebbe essere altrimenti, visto che i suoi membri di spicco hanno legami documentati con gli stessi soggetti su cui sono stati incaricati di indagare. A partire dal presidente della commissione, Thomas H. Kean, in affari direttamente con la famiglia bin Laden».
Attraverso l’analisi dei documenti raccolti, lei sostiene che il governo americano non ha bloccato gli attentatori per evitare di portare avanti un’azione significativa contro al Qaeda, che avrebbe danneggiato i suoi interessi regionali. Non crede però che la teoria del complotto presenti troppi automatismi? E come d’altronde spiega questo comportamento con quanto affermano i neocons sulla volontà di portare la democrazia nel Medio oriente?
Ovviamente ci sono anche altri fattori. Come quello religioso o ideologico. E’ certamente vero che esistono pressioni di carattere fondamentalista anche all’interno del potere statunitense. Fondamentalisti cristiani e ebrei, nonostante vedano il futuro della terra santa in maniera completamente opposta, sono in tanti casi alleati e influenzano molto le scelte dell’amministrazione. Come si può però sostenere che i neoconservatori americani vogliono esportare la democrazia? Per farlo dovrebbero permettere libere elezioni, ad esempio. E non decidere per conto della popolazione quale premier l’Iraq debba avere. Tra l’altro Allawi è un uomo legato al vecchio regime baathista, nonché agli stessi servizi segreti statunitensi. Francamente parlare di democrazia in queste condizioni è assurdo.
Perché le informazioni che lei e altri avete raccolto sull’11 settembre restano letteratura di contorno e no