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Il recinto antislamico sostituisce quello anticomunista

I recenti fatti norvegesi mettono in evidenza una questione già da  tempo presente in Europa:la relazione tra islamofobia e movimenti identitari.
Nell’immaginario collettivo la questione migratoria in Europa viene  identificata principalmente con
il pericolo dell’invasione musulmana,sostanziosamente propagandata dai  media principali e, piaccia
o no, cavalcata da buona parte della destra più o meno radicale.
Quel che viene riportato dalla stampa più varia sulla strage di Oslo e  Utoya,oltre alle caratteristiche
paranoidi e ossessive dell’attentatore, è chiaramente la sottolineatura
del suo profilo ideologico.che, peraltro contraddittorio, viene comunque accumunato a quello dei vari  movimenti nazionali identitari agenti in Europa.Tutto ciò naturalmente infarcito dalle solite considerazioni  su come il mondo islamico non si possa ridurre al puro e semplice fondamentalismo ma che comunque  esiste in Islam moderato e un sacco di musulmani che non vedono l’ora di integrarsi.
Questo approccio non fa che ricordarmi quanto una volta la cosidetta  “destra radicale”, una volta intendo negl’anni 70 ed anche prima, fosse identificata,dalla maggior parte  dell’opinione pubblica,come e prima di ogni altra cosa, anticomunista. L’anticomunismo viscerale stava ai
fascisti quanto e come oggi l’antiislamismo; senza poi considerare quanto allora, proprio come oggi, si  proponeva la versione di una sinistra moderata e istituzionale che mirava a guidare le masse
lavoratrici attraverso riforme graduali e di una rivoluzionaria e antisistema, tra loro divise e addirittura  contapposte.
Naturalmente i mezzi di informazione dell’epoca si premuravano di  propagandare l’immagine del fascista come oppositore di questo felice disegno, sempre al servizio di una  reazione becera ed economicamente interessata e ridotti a cani da guardia della borghesia e dell’ordine, in  sostanza degl’estremisti fuori dalla storia e condannati al ghetto del fanatismo.
Lo scenario di allora, anni settanta, in Europa e in particolare in  Italia era quello di un enorme massa di lavoratori dell’industria che andava riconvertita alla nuova  realtà economica dell’era postindustriale alle nuove frontiere del neocapitalismo del terziario avanzato e del  venturo mercato finanziario globalizzato e, in questo compito, il ruolo egemone delle sinistre sia  nell’ambito della propaganda di modelli culturali sia nella capacità di egemonizzare gli ambiti sociali  attraverso sindacati, associazioni ecc. era di indubbia necessità.
Lo scenario di oggi non è granché diverso, cambiano gli attori, ma il  disegno no.
Oggi è il trasbordo delle grandi masse migranti l’obiettivo  principale,ed il loro inserimento nel meccanismo del mercato globale di merci e manodopera. Oggi ridurre l’area nazionale  identitaria europea nel recinto dei fanatici antiislamisti (come ieri in quello degl’anticomunisti viscerali) è evidentemente funzionale alla logica occidentalista dell’azzeramento delle identità di tutti, della nostra  come di quella dei popoli di tutte le religioni e culture.

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