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Ritratto di Savitri Devi

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L’esistenza esemplare di una moderna rappresentante della spiritualità indoeuropea, ispiratrice del nazionalismo indiano ed affascinata dalle rivoluzioni nazionali europee.

Maximiani Julia Portas, nota più tardi col nome di Savitri Devi, nacque a Lione il 30 settembre 1905 da una famiglia d’origine greca. Giovane molto promettente, Maximiani si distingue particolarmente negli studi. Dopo un corso di studi orientato verso le lingue (giovanissima padroneggerà l’italiano, il francese, l’inglese, e in seguito, il tedesco, l’islandese, il bengali e l’hindi) si appassiona ai testi basilari dell’antichità greco-romana in versione originale. Eccezionalmente eclettica, si appassiona anche allo studio della biologia. Dopo la laurea in Lettere del 1928 a Lione, si dedica anche a studi universitari di fisica e chimica (diplomi universitari in chimica nel 1930 e chimica biologica nel 1931) e nel 1935 ottiene il dottorato in Lettere. Sensibile all’eredità ellenica, affermerà qualche anno più tardi che la Grecia “ha rappresentato una civiltà di ferro, radicata nella verità; una civilizzazione che possedeva tutte le virtù del mondo antico e nessuna delle sue debolezze, tutte le realizzazioni tecniche della modernità senza l’ipocrisia, la meschinità e la miseria morale dell’età moderna”. (Pilgrimage).

Usando le sue competenze linguistiche, percorre il Medio-Oriente alla ricerca di una sopravvivenza reale della sacralità pagana delle origini. Durante un pellegrinaggio in “Terra Santa” rimette in discussione il Cristianesimo, “superstizione dell’uomo” antropocentrica e mortificante “religione di schiavi” a rimorchio d’Israele. Viene attratta da un panteismo “biocentrato” che ricerca a partire dalla feconda eredità di Ipazia, dell’imperatore Giuliano e di Widukind che avevano resistito al nuovo ordine religioso instaurato in Europa due millenni or sono dai settari seguaci di Cristo. Maximiani si stabilisce in India nel 1936 e prende il nome di Savitri Devi in onore delle brillanti anime solari venerate dall’Induismo. Portata dalla sua ricerca verso una spiritualità fondata su un’idea di una gerarchia naturale degli esseri e dei doveri, sarà in questa aryavarta – territorio degli ariani d’oriente – che lei cercherà le virtù che aveva ammirato nei libri: “Gli altri popoli hanno conservato la lista dei propri re e le rovine dei loro templi: hanno una storia. Ma hanno perduto la Tradizione dell’essenziale che l’India conserva”. (L’Etang aux lotus). Si presenta come pellegrina a Swami Satyananda presidente della Missione Indù. Questo movimento di riconquista identitaria e culturale si oppone ai guasti “caritatevoli” prodotti dalla guerra di sovversione condotta dai missionari cristiani che conoscono le basi dell’Induismo ma fanno un “commercio spirituale” della miseria indiana. Egli le spiega la sua visione del mondo, lei si dichiara “Pagana – che ha sempre rifiutato la conversione alla religione di Paolo di Tarso, circuita od imposta, della sua Europa natale -” ed afferma che “vuole lavorare per impedire che il solo ed ultimo paese ad aver mantenuto (almeno in parte) gli Dei ariani – l’India – segua l’esempio funesto dell’Occidente e cada, pure lui, sotto l’influenza spirituale ebraica” (Souvenirs et réflexions d’une aryenne).

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