domenica 6 Ottobre 2024

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altTra liberismo e welfare il terzo goda

I tagli decisi dal governo sono davvero ragionevoli e misurati, come sostiene Berlusconi vantando l’avallo espresso per la Ue da Barroso, o sono iniqui come sostiene l’ectoplasma che forma l’opposizione?
In questa forbice tra opposte demagogie si consumerà il dibattito che, tanto per cambiare, non volerà alto.

Liberismo e welfare

Noi non siamo la Grecia e probabilmente non ci troveremo in un prossimo futuro nelle condizioni elleniche e neppure in quelle che si paventano per la Spagna. Ergo i tagli per le nostre tasche dovrebbero risultare sensibilmente meno laceranti. Ma non di meno si faranno sentire.
La logica dei tagli è palesemente liberista. C’è da stabilire quanto la scelta fatta in questi giorni possa, ovviamente in un’ottica liberista, perlomeno incidere in positivo come incentivi di produzione; e qualcosa in  tal senso la si può pallidamente intravedere nei premi di salario legati agli utili, una misura che il ddl prevede.
La logica, comunque, qui come in ogni altro paese, penalizza quello che impropriamente chiamiamo Stato sociale e che più giustamente, con un pessimo neologismo straniero, abbiamo ribattezzato welfare, benessere.
Di chi sia davvero il benessere è un altro conto.

Dopo la mannaia

Nessun governo oggi, non solo occidentale ma neppure asiatico, è disposto ad andare in direzione diversa. Quindi l’opposizione di principio vale come tale: come un’opposizione di principio.
Personalmente non sono mai favorevole alle prese di posizione per slogan e cerco di orientarmi verso delle risposte, o perlomeno verso delle proposte, che siano reali, che sposino i princìpi con la fattualità.
E penso che, a termine medio, ma solo se s’inizia a lavorare subito, una risposta sociale al liberismo, una risposta sociale che sia produttiva, efficace e vincente, sia possibile darla.
Questa risposta sociale non va però confusa come fan quasi tutti con quello che ora chiamiamo welfare, che sarà anche nato su basi buone ma è degenerato per gli individualismi, per il dominio di una cultura volgare di parassitismo, per il consociativismo dell’italietta postfascista.
Ragion per cui, qui come in Grecia, non mi allineo ai sindacati, ai funzionari pubblici, agli individui e ai gruppi alimentati dell’associazionismo parassitario, in difesa di un “Stato sociale” che proprio loro hanno pervertito e putrefatto. Semmai mi preparo per la nuova costituzione di uno Stato sociale, dopo che la mannaia avrà tagliato, se li taglierà, centinaia di migliaia di rami secchi.

Clodio e Milone

E’ vero quello che dicono gli zimbelli della sinistra: ovvero che questi interventi non colpiscono tutti equamente e che, almeno in prima battuta, non riguardano i più ricchi.
Affermazioni reali quanto demagogiche. Demagogiche perché non solo nascondono la disponibilità delle cosiddette opposizioni a fare più o meno le medesime scelte del governo, ma perché non ho ancora sentito nessuno dei contestatori dire che la crisi, la grande crisi finanziaria, e quindi economica, e quindi sociale, che ha colpito il glob, sta favorendo ed ulteriormente arricchendo pochi gruppi e poche famiglie che sfruttano i fallimenti dei più. Perché a loro  questo sta bene, ancor più che ai liberisti che, se non altro, difendono le fasce ricche che non sono onnipotenti e cercano di mantenere in vita e in salute una borghesia. I welfaremen sono invece ben felici di far regnare i plutocrati e gli speculatori, e li aiuterebbero a liquidare gli industriali, purché i Soros di turno diano a loro il grano gratis: la loro concezione della politica e della dignità è infatti la stessa che ai tempi delle guerre civili romane avevano le bande di Clodio e Milone.
Servi sono, ma servi armati; mai comunque guerrieri.

Tagli e parassiti

I tagli previsti colpiscono soprattutto regioni e provincie.
Questo è quello che fa discutere; io non sobbalzo in nome della violata socialità perché quasi ovunque  il denaro pubblico  viene sperperato. Tra stipendi sproporzionati, straordinari, bandi pubblici, è tutto un magna magna di vecchi e nuovi tangentisti illegali, quelli più stimabili, legali i più.
Abbiamo in Italia centinaia di migliaia di funzionari e decine e decine di migliaia di individui che vivono di associazionismo, onlus e fondazioni, per non parlare delle ong.
Abbiamo in Italia sindacati che non devono presentare il bilancio e che sono pompe idrovore dei soldi dei lavoratori ai quali offrono da decenni sì e no qualche frase demagogica.
In Italia il fisco è tra i più opprimenti d’Europa ma i servizi forniti ai cittadini sono al di sotto del Terzo Mondo, perché il denaro pubblico se ne va a rimpinzare le plebi armate di Clodio e Milone.
Se i tagli dovessero risultare efficaci – ma temo purtroppo che non saranno sufficienti – finirebbero per strada decine e decine di migliaia di parassiti, generalmente arroganti e sbalorditivamente incompetenti in tutto: anche in quello di cui si occupano da sempre e di cui dovrebbero essere esperti per forza. Ma il lassimo è tale e la certezza dei diritti di categoria pure, che la dedizione al lavoro diviene un lusso sicché l’incompetenza fa a gara soltanto con la lentezza elefantica del settore pubblico nostrano. Decine e decine di migliaia sono i parassiti che mangiano a spese di tutti, incapaci, mentalmente e fisicamente, di fare qualunque cosa di significativo: gli imprenditori, gli artigiani, i commercianti, gli operai o i braccianti.
Purtroppo non accadrà davvero, ma se si ritrovassero improvvisamente in strada, obbligati a rimboccarsi le maniche e a dimostrare di essere uomini o donne, sarebbe bellissimo.

Un’ottima occasione

Non ci si può però limitare  a godere e a sognare. Se ciò dovesse verificarsi, che sarebbe al contempo un sogno e una goduria, l’evento sarebbe motivo di festa ma bisognerebbe subito guardare più avanti ancora, perché il destino liberista di una Nazione è anche il suo cestino. 
Alla mannaia, benevenuta in sé, dovremmo far subentrare un’azione costruttiva, altrimenti sarebbe letale.
E’ allora probabilmente il caso d’iniziare da subito a produrre realtà comunitarie, private in quanto autonome e pubbliche in quanto sociali, che possano andare a costruire dal basso (inteso fisicamente, ma non spiritualmente) il mosaico delle socialità attive. Con una logica mista di cooperativismo, localismo, corporativismo e socializzazione.
Con i fatti e non con le teorie, rimpiazzando lo Stato laddove non c’è più, prima perché degenerato dal welfare e poi perché mutilato dal liberismo.
Rifare lo Stato che latita: un impegno non da poco, ma è probabilmente l’impegno decisivo.
Si deve agire in contemporanea con il disfacimento del welfare putrefatto e delle organizzazioni che lo sostengono, i sindacati prima di tutto. Sfruttando, ovvero riempiendo, il vuoto che in seguito alla mannaia andrebbe a prendere il posto del marcio, si potrà avviare un’alternativa sociale e politica che possiamo definire di genere peronista.
La confusione è grande, un’ottima occasione per chi non sia confuso né colluso.
Guardiamo avanti costruendo il futuro, subito,  senza farci distrarre dagli psicodrammi degli inutili che, da buoni inutili, sono quelli che fanno più baccano.

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