giovedì 17 Luglio 2025

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Scienziati sviluppano filtro all’ossido di grafene che rende istantaneamente potabile l’acqua di mare
Il grafene ossido, più economico e facile da produrre del grafene puro, potrebbe rivoluzionare il settore della dissalazione: una membrana innovativa riesce finalmente a bloccare i sali, offrendo una soluzione concreta alla crisi idrica globale.

Un team di ricerca dell’Università di Manchester, nel Regno Unito, ha sviluppato una membrana a base di ossido di grafene capace di filtrare con precisione il sale dall’acqua marina. Una scoperta che potrebbe davvero cambiare le sorti di milioni di persone in tutto il mondo che, ancora oggi, non hanno accesso a fonti sicure di acqua potabile.
Pubblicato sulla rivista Nature Nanotechnology, lo studio guidato dal dottor Rahul Nair mostra come, grazie all’impiego di una resina epossidica per limitare l’espansione della membrana, sia stato possibile ottenere una barriera efficiente, scalabile ed economica. Un risultato che apre scenari concreti per l’impiego su larga scala di questo materiale, già noto per le sue straordinarie proprietà meccaniche e conduttive.

Come funziona
Il grafene, scoperto nel 2004 sempre all’Università di Manchester, è formato da un singolo strato di atomi di carbonio disposti in una griglia esagonale. Nonostante le sue qualità eccezionali, tra cui la resistenza alla trazione e l’elevata conducibilità elettrica, produrlo in grandi quantità e a basso costo si è rivelato molto complicato.
Al contrario, il suo derivato chimico, l’ossido di grafene, è molto più semplice da ottenere. Come ha spiegato il dottor Nair alla BBC, può essere trasformato in soluzione o inchiostro e applicato su materiali porosi, diventando una membrana utile per il filtraggio. E qui arriva la vera novità: grazie a un sistema che blocca il rigonfiamento della membrana quando viene immersa in acqua – uno dei limiti che in passato impediva la filtrazione dei sali più piccoli – il setaccio è oggi in grado di trattenere anche il cloruro di sodio.
Quando il sale si scioglie in acqua, infatti, ogni molecola si circonda di un piccolo “guscio” formato da molecole d’acqua. I canali della membrana in grafene ossido, aventi dimensioni inferiori a un nanometro, sono troppo stretti per permettere il passaggio di questo complesso. L’acqua pura, però, riesce a passare liberamente.
Il risultato? Solo l’acqua viene filtrata, lasciando dietro di sé i sali. E grazie alla struttura dei canali, le molecole si muovono in maniera rapida e ordinata, come su una catena di montaggio molecolare, facilitando il processo di filtrazione con un consumo energetico ridotto.

Perché può davvero cambiare il futuro dell’acqua?
La crisi idrica globale è uno dei problemi più gravi e sottovalutati del nostro tempo. Le Nazioni Unite stimano che entro il 2025 ben il 14% della popolazione mondiale si troverà a fronteggiare la scarsità d’acqua. E il cambiamento climatico, con i suoi effetti devastanti sui bacini idrici e le falde, non farà che peggiorare la situazione.
In questo contesto, tecnologie come l’ossido di grafene potrebbero fare la differenza. Attualmente, la maggior parte degli impianti di desalinizzazione utilizza membrane polimeriche, che richiedono una manutenzione frequente e un impiego energetico elevato. Inoltre, non sempre riescono a filtrare efficacemente tutti i sali e tendono a deteriorarsi nel tempo, anche a causa del cosiddetto biofouling, ovvero l’accumulo di sostanze organiche che ostruiscono i pori.
Secondo Ram Devanathan, del Pacific Northwest National Laboratory negli Stati Uniti, per portare questa tecnologia a un livello industriale sarà necessario lavorare sulla resistenza e durabilità della membrana, oltre che sul suo costo di produzione. Ma il potenziale è enorme.
La separazione selettiva dell’acqua dagli ioni tramite la restrizione fisica dello spazio tra gli strati apre la strada alla realizzazione di membrane economiche ed efficienti.
L’obiettivo è chiaro: sviluppare un sistema di filtrazione in grado di trasformare l’acqua di mare e l’acqua reflua in acqua potabile, con un impatto energetico e ambientale minimo.
E in un mondo dove l’acqua sta diventando un bene sempre più scarso, anche nei Paesi cosiddetti “sviluppati”, un’innovazione del genere non può più restare solo nei laboratori.

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