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Un importante finanziamento è stato assegnato a un team di scienziati per sviluppare materiali capaci di resistere al calore estremo e alle radiazioni all’interno di un reattore a fusione, dove le temperature superano i 100 milioni di gradi Celsius.
L’Advanced Research Projects Agency-Energy (ARPA-E) del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti ha stanziato circa 2,1 milioni di euro all’University of Kentucky per guidare lo sviluppo di materiali di nuova generazione che potrebbero rendere l’energia da fusione commerciale una realtà.
Il progetto, che affronta uno degli ostacoli più significativi nella ricerca di energia pulita illimitata, sarà gestito dal dottor John Balk, direttore della Materials Science Research Priority Area e professore W.T. Bryan di Ingegneria dei Materiali presso lo Stanley and Karen Pigman College of Engineering dell’University of Kentucky.
“Questa è un’opportunità straordinaria per il nostro team di esperti della Materials Science Research Priority Area di risolvere una delle sfide fondamentali nelle industrie ad alta radiazione: come migliorare la conduttività termica senza sacrificare la resistenza del materiale”
Intrappolando una mini stella all’interno di un reattore a fusione e trasferendo la tecnologia in pratica, il team mira a rendere l’energia da fusione commercialmente praticabile. Per raggiungere questo obiettivo, il loro scopo è scoprire o sviluppare una classe di materiali per il “first wall”, la parete interna del reattore a fusione che è a contatto con il plasma, che mantenga le prestazioni per tutta la durata di vita di una centrale a fusione. Il team esplorerà quindi promettenti design di leghe e processi di produzione per migliorare la forza e la resilienza di questa barriera essenziale.
Poiché non esistono materiali capaci di sopportare le condizioni estreme richieste per l’energia da fusione commerciale, il progetto si concentrerà sullo sviluppo di compositi avanzati per ambienti ad alta radiazione.
Balk sottolinea la difficoltà di lavorare con il tungsteno (W), un metallo con uno dei punti di fusione più alti sulla Terra ma soggetto a fragilità. Combinandolo con altri metalli come il cromo (Cr) o il tantalio (Ta), mira a creare una lega ad alto punto di fusione che sia notevolmente più duratura e meglio adatta alle condizioni dei reattori a fusione.
“Realizzeremo materiali basati su leghe porose di tungsteno, ottimizzate per le proprietà meccaniche e termiche desiderate. Le riempiremo con una ceramica ad alta conduttività termica su piccola scala, in modo che il danno da radiazione possa essere dissipato più facilmente alle interfacce. La ricerca sui materiali è fondamentale e supporta molti altri sforzi scientifici e ingegneristici, e questo progetto è un buon esempio di tale impatto.
La dottoressa Beth Guiton, professoressa Frank J. Derbyshire di Scienza dei Materiali e professoressa di chimica nel College of Arts and Sciences, sottolinea l’importanza della ricerca e come il team intenda utilizzare l’apprendimento automatico per migliorare la resistenza del materiale alle radiazioni.
Mantenere il plasma contenuto senza fermare accidentalmente la reazione di fusione o danneggiare i materiali del reattore è una sfida e un enorme ostacolo in questo lavoro, spiega Guiton.
“Le temperature coinvolte sono sufficienti a vaporizzare la struttura se entrassero in contatto con essa, eppure dobbiamo essere in grado di estrarre l’enorme quantità di energia sviluppata affinché possa essere utile.