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“+Seguiamo la strada di Hitler …+

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… e facciamo tutto con il carbone”. Parola di Marcello Inghilesi, segretario generale dell’osservatorio energia della Fondazione Einaudi

E’ l’impotenza il sentimento più diffuso e normale di fronte a questa crescita abnorme dei prezzi del petrolio: impotenza, perché del petrolio ormai abbiamo bisogno quasi per sopravvivere e sembra che niente possiamo per influire sulle sue quotazioni. Bisogna
rassegnarsi a tornare indietro?
Un po’ sì: il risparmio energetico è d’obbligo per chi non vuole gettare risorse, ma non sarà la chiave risolutiva del problema. Come non lo saranno le energie alternative, spesso tecnologicamente immature e quasi sempre non del tutto sostituibili alle funzioni del
petrolio.


Hitler e poi il Sud Africa, isolato negli anni dell’apartheid, cercarono di tirar fuori petrolio dal carbone e ci riuscirono anche se, ovviamente, a costi non comparabili con quelli del mercato del petrolio. Gli impianti Sasoil sudafricani negli anni 80 producevano un barile di petrolio da carbone a circa 32 dollari contro un prezzo di mercato del greggio allora intorno ai 20 dollari. E oggi? Non è facile risalire ai costi reali. Sasoil è stata comprata dalla Chevron e quindi è sotto il controllo di una compagnia petrolifera. Altre esperienze nel
mondo sono partite, ma sono a uno stadio
più immaturo anche se le tecnologie in
materia sono fortemente avanzate, anche
sulla spinta ambientalista.
È utile qui ricordare che le uniche alternative al petrolio e ai suoi usi attuali possono nascere solo dal carbone, come combustibile fossile, gassoso e liquefatto.



Il carbone tal quale, da bruciareprevalentemente nelle centrali elettriche, può avere problemi ecologici notevoli anche se progressivamente eliminabili, con investimenti che rialzano ilcosto di produzione (anche se mai ai livelliattuali del barile di petrolio).
Le miscele acqua-carbone e olio-carbone presentano, invece, vantaggi logisticie
ambientali. Il carbone, da usare
sempre a finielettrici, può essere trattato in un processo chimicochiamato «letto fluido»
(atmosferico o su pressione), che eliminaquasi totalmente gli inconvenienti ambientali.
Esistono ormai molte centrali elettriche alimentate da carbone a «letto fluido»che
funzionano in Svezia, Spagna, Francia, Polonia, Stati Uniti, Giappone e Canada, a quanto pare in maniera competitiva se il
petrolio è sopra i 40 dollari a barile. Infine c’è la trasformazione del carbone in gas o olio. Con gas da carbone già funzionano centrali elettriche in Spagna e in Olanda, con un costo massimo di produzione, compresi gliammortamenti per lo smantellamento della centrale e gli investimenti in ricerca e sviluppo, di 4 centesimi di euro per KWh (80 lire circa, che corrispondono alla fascia dei costi di produzione attuali delle nostre centrali termiche). Mancano invece i riferimenti all’olioda carbone che assieme al gas potrebbe sostituire totalmente l’uso del
petrolio.Cercando di non essere maliziosi,
c’è da supporre che l’intervento delle
compagnie petrolifere nei settore abbia
avuto qualche influenza.
E se ancora quei 32 dollaria barile dell’olio
da carbone Sasoil sudafricano degli anni
passati fossero il punto di riferimento
economico valido? Se così fosse, la
conseguenza potrebbe essere uno
stravolgimento completo del mercato
energetico, anche perché, come noto, le
aree geo-politiche di produzione del
carbone (Sud Africa, Australia,Europa,
Cina,Stati Unitie così via) sono del tutto
diverse da quelle petrolifere.


(Economy – settembre 2004)

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