La Chiesa è sotto attacco. Under fire. L’esistenza di “una campagna mediatica di odio anticattolico” viene ormai denunciata apertamente dai vertici d’Oltretevere che temono effetti collaterali a breve devastanti. “C’è il rischio che possa degenerare” sostiene la Radio Vaticana mentre il decano del collegio cardinalizio, Angelo Sodano, ex Segretario di Stato, solitamente parco di parole, dopo l’insolito intervento in mondovisione per dare solidarietà al Papa il giorno di Pasqua, facendo uno strappo al protocollo, va giù duro e attacca. “E’ ormai un contrasto culturale: il pontefice incarna verità morali che non sono accettate e così le mancanze e gli errori di sacerdoti sono usate come armi contro la Chiesa”. Il porporato alza la voce, affidando il suo ragionamento all’Osservatore Romano. Si tratta di “ingiusti attacchi” da parte di coloro che portano avanti “visioni della famiglia e della vita contrarie al Vangelo”. Il riferimento implicito non può che riguardare le lobby gay, le associazioni abortiste, le multinazionali farmaceutiche che finanziano le ricerche sulle staminali. “Ora contro la Chiesa viene brandita l’accusa della pedofilia. Prima ci sono state le battaglie del modernismo contro Pio X, poi l’offensiva contro Pio XII per il suo comportamento durante l’ultimo conflitto mondiale e infine quella contro Paolo vi per l’Humanae vitae”. In contemporanea dal Cile, dove è volato per una visita pastorale e per portare la vicinanza del Papa ai terremotati, il segretario di Stato Tarcisio Bertone, respingeva con forza le accuse secondo cui avrebbe coperto il grave caso di padre Murphy, prete americano che negli anni scorsi abusò di 200 minori in un istituto per bambini sordi. “Non è vero, non è vero: lo sapete, abbiamo documentato il contrario e non parliamo di questo tema, altrimenti stiamo qui tutto il giorno” ha detto liquidando i giornalisti che lo hanno accerchiato immediatamente al suo arrivo a Santiago del Cile. All’aeroporto della capitale cilena non si faceva che parlare di altro. Bertone ha rassicurato che Benedetto XVI, nonostante il momento, sta bene perché il giorno di Pasqua ha potuto misurare “il sostegno di una piazza San Pietro colma di gente entusiasta e di molti giovani. E’ un Papa forte, è il Papa del terzo millennio”. La campagna negli Usa, in Irlanda e in Germania non sembra arrestarsi. Il New York Times rivela che un prete pedofilo dopo essere stato allontanato da una diocesi, lavora tranquillamente in India a contatto con dei bambini. Il Washington Post paragona il caso pedofili al Watergate, lo scandalo che costò la poltrona al presidente Nixon. Di dimissioni papali, però, non se ne parla nemmeno. La Radio Vaticana ha mandato in onda una serie di riflessioni preoccupate per gli effetti che a lungo andare avrà sulla gente più influenzabile questa campagna contro. Già le prime avvisaglie si sono tutte. “Sulle mura di una Chiesa in provincia di Viterbo sono apparse scritte anticattoliche. In Germania, il vescovo di Muenster, Genn, è stato aggredito da uno squilibrato durante la messa di Pasqua. In varie celebrazioni in Europa gruppi di manifestanti o singoli hanno cercato di disturbare i riti pasquali con insulti”. Insomma, dal Vaticano è partito l’allarme. Di fronte all’escalation mediatica c’è chi fa appello all’etica nelle comunicazioni. Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia Politica a Loppiano, parla di “irresponsabilità etica perché ci si trova di fronte non tanto ad un lavoro giornalistico di inchiesta, cosa che sarebbe apprezzabile, perché conviene a tutti che venga fuori davvero la verità, fino in fondo, ma solo una tesi precostituita: attaccare questo Papa”.
Che ci sia un attacco, sostenuto dal New York Times e dal Washington Post, non vi è dubbio. Ma non v’è dubbio neppure che questo non sia un motivo sufficiente per minimizzare il tutto e per giustificare la tolleranza per i preti pedofili che sono “finiti in tentazione”. Difficile accettare tanta magnanimità quando c’è totale chiusura verso i “peccati” carnali altrui.
Il richiamo ecclesiastico a non esagarare nelle accuse e a comprendere “i peccati di sempre” è a dir poco stonato.
La severità la si può anche accettare purché sia equanime; oppure, meglio ancora, quando è maggiore verso se stessi che verso gli altri. Ma la consuetudine ecclesiastica è capovolta: rigore assoluto per i “peccati” altrui e comprensione per i pastori. Difficile da accettare.
Insomma l’attacco c’è ma la Chiesa ci mette il suo.