Capitale e società ora puntano a ridurre l’immigrazione in Europa
L’immigrazione in Europa è un problema sempre più avvertito. Gli ultimi fronti aperti, il possibile esodo dall’Afghanistan e le frontiere con la Bielorussia diventate improvvisamente vulnerabili stanno lasciando profondamente il segno. Lo si è visto nei giorni scorsi con gli annunci circa il potenziamento di Frontex, l’agenzia preposta al controllo dei confini esteri dell’Ue improvvisamente rivalutata dopo essere stata nell’occhio dei ciclone di una parte dell’europarlamento. Ma sempre più Stati dell’Unione chiedono misure sempre più incisive. E questa volta le richieste non arrivano soltanto dai Paesi Visegrad.
La lettera di 12 governi
Questo venerdì in Lussemburgo è prevista la riunione di tutti i ministri dell’Interno dei 27. Si tratta di un incontro delicato, dove l’immigrazione è in cima alle priorità. Si è arrivati a questo summit con il fardello del fronte bielorusso sempre più in agguato. Verso la Lituania e la Lettonia dal primo gennaio ad oggi sono transitati qualcosa come oltre 4.000 migranti, lo scorso anno la cifra si era fermata a 80. Minsk ha, più o meno deliberatamente, aperto un nuovo fronte migratorio capace di mettere in difficoltà Vilnius e Riga. I sistemi di accoglienza dei Paesi baltici sono molto fragili e poco collaudati, non avendo mai avuto a che fare con una vera emergenza. La destabilizzazione politica causata dall’impennata di flussi migratori è la principale spina nel fianco politica dell’Europa. Vorrebbe infatti dire destabilizzazione di un’area cruciale e strategica, quale per l’appunto quella del Baltico.
Per questo l’emergenza nel Vecchio Continente è sempre più sentita. Le preoccupazioni di Lituania e Lettonia si sono aggiunte a quelle pluriennali di altri Paesi di confine. A partire dal cosiddetto “gruppo Visegrad”, formato da Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Assieme i governi di queste nazioni hanno deciso di scrivere una lettera ai vertici dell’Ue in attesa dell’incontro del Lussemburgo. A loro si sono aggiunti anche altri Stati. Si tratta di Austria, Estonia, Danimarca, Bulgaria, Cipro e Grecia. Di fatto tutto l’est Europa, con l’aggiunta di Atene e Nicosia a sud e di altre capitali dove la questione è apparsa di recente prioritaria, sta adesso chiedendo a Bruxelles di fare qualcosa. Da questo gruppo mancano due governi direttamente interessati dal fenomeno migratorio, ossia quello spagnolo e quello italiano. Su quest’ultimo fronte è da registrare l’intervento del segretario della Lega, Matteo Salvini: “Se ben 12 Paesi Europei – ha dichiarato l’ex ministro dell’Interno – con governi di ogni colore chiedono di bloccare l’immigrazione clandestina, con ogni mezzo necessario, così sia. L’Italia che dice?”.
Più fatti e meno piani illusori
La missiva inviata dai dodici capi di governo ai vertici comunitari ha contenuti molto semplice. Si dice, in poche parole, di passare quanto prima ai fatti: “Sono necessari – si legge in uno dei passaggi più significativi – nuovi strumenti che permettano di evitare, piuttosto che affrontare in seguito, le gravi conseguenze di sistemi migratori e di asilo sovraccarichi e capacità di accoglienza esaurite, che alla fine influiscono negativamente sulla fiducia nella capacità di agire con decisione quando necessario”. I dodici hanno quindi sottolineato l’importanza di affrontare alla radice il problema e non invece intervenire, come spesso fatto fino ad ora, soltanto quando i migranti mettono materialmente piede nel territorio comunitario.
Non solo, ma tra le soluzioni auspicate ad emergere sono le tanto vituperate barriere: “Le barriere fisiche sembrano essere un’efficace misura di protezione delle frontiere – è stato espresso in un altro passaggio della lettera dei dodici – che serve l’interesse di tutta l’Ue, non solo degli Stati membri di primo arrivo. Questa misura legittima dovrebbe essere ulteriormente e adeguatamente finanziata dal bilancio dell’Ue in via prioritaria”. I governi che hanno sottoscritto questa richiesta sembrano quindi mostrare un atteggiamento di insofferenza rispetto alle ultime scelte di Bruxelles. Fino allo scorso anno vero obiettivo rimaneva la redistribuzione dei richiedenti asilo e l’accelerazione dei rimpatri. Adesso, ben 12 governi su 27 (non la maggioranza, ma di certo un numero significativo) stanno premendo per iniziare prima l’azione di contrasto, a partire dalla costruzione di muri in grado di arginare i flussi migratori.