Bologna. Trent’anni di vergogna. Trent’anni di depistaggi. Trent’anni di accanimenti. Trent’anni di giustizia sovietica, con alla fine Luigi Ciavardini sacrificato come capro espiatoro.
Trent’anni in cui nessuno si è prodigato per investigare, anzi tutti coloro che ne avevano il compito o l’opportunità – e tra questi l’associazione dei familiari delle vittime – tutto han fatto meno che cercare di far luce, niente han fatto se non accontentarsi di etichettare una porta chiusa.
Ora che gli archivi dei servizi di molti Stati, finalmente aperti, iniziano a delineare il quadro in cui quella strage fu consumata, ovvero un quadro di guerra in Italia e di guerra all’Italia, assistiamo ad un nuovo spettacolo inverecondo.
Da una parte quelli che vogliono a tutti i costi, contro ogni evidenza, perpetrare la fandonia della “strage fascista” e dall’altra quelli che finalmente consci dello scenario di guerra internazionale che generò la strategia della tensione e del terrore, ripiegano – a volte persino in buona fede – sul nuovo depistaggio confezionato dal Palazzo: quella della strage palestinese (magari con la complicità dell’ultrasinistra)…
Trent’anni di vergogna e di depistaggi non sono bastati. Si preannuncia un periodo ancora lunghissimo di mistificazioni caratterizzato dallo scontro tra opposti teoremi. Entrambi rigorosamente falsi e devianti. Lo stragismo continua: nelle complicità generalizzate.