mercoledì 6 Dicembre 2023

Un esempio pratico

Più letti

Global clowns

Note dalla Provenza

Colored


Europa, globalismo, economia, produzione: cosa manca e perché

Vediamo se così la capite. Poiché i vostri ragionamenti sono ormai tutti concepiti nel materialismo economico e anche i vostri più grandi ideali sono prettamente bottegai, addentriamoci nell’unico piano che vi è familiare.
Nella provincia spagnola di Jaen i produttori di olio d’oliva hanno iniziato le agitazioni  ribattezzate dei chalecos amarillos.
Si sono ribellati ai tagli di contributi previsti dalla Commissione Ue nell’intento di riconversione Green new deal, e al trattato di libero-scambio con il Mercosur che apre la porta alla concorrenza.
Secondo i vostri paradigmi avrebbero dovuto richiedere la Spexit. E invece no: hanno attaccato Madrid perché non si fa sentire come necessario. Data l’epoca di meningite galoppante non è mancata neppure lì la tentazione secessionista con tanto di riparo in un villaggio di Asterix: solo che la loro exit è stata proposta nella forma della Regione Castilla-Léon fuori dalla Spagna, per trattare direttamente i propri interessi a Bruxelles e Francoforte.
Già gli interessi. Quelli che i sovranisti delirano di difendere con le chiusure stagne perché non hanno la minima idea di cosa parlino.
I produttori di olio di oliva di Jaen forniscono il 20% dell’intera produzione mondiale e hanno come mercati principali quelli europei. Qualsiasi idiota si rende conto che, se uscissero dalla Ue, non solo perderebbero le sovvenzioni ma nessun governo madrileno potrebbe colmare le perdite che si verificherebbero sui mercati europei immediatamente invasi da olio marocchino, tunisino, sudamericano.

Perché i produttori saranno sconfitti
I produttori d’olio di oliva di Jaen non vinceranno. Non lo faranno perché la loro rivendicazione è locale e settoriale: al massimo contratteranno sull’entità e la celerità delle perdite.
Il motivo della loro sconfitta, e non solo della loro, sta nell’assenza della politica.
In questa abbiamo da un lato gli amministratori-managers, incaricati di ammortizzare i danni della trasformazione liberista e dall’altra gli strilloni (sinistra sindacalista e sovranisti) che non s’impegnano per incidere sulle situazioni ma si accontentano di alzare i toni dell’isteria per guadagnare facili consensi – e posti e denaro – senza però delineare una linea politica concreta che vada oltre lo sloganismo apocalittico e negativo coniugato con l’autoesaltazione e con miraggi di un nuovo consociativismo.
A questo disastro non si è sottratta l’ex destra radicale, ormai terminale, che ha fatto sue tutte le paturnie grottesche del sovranismo made in London alimentato psichiatricamente. Lo ha fatto quasi sempre per opportunismo, a quanto mi consta, perché moltissimi dei quadri che pubblicamente si esprimono per l’Italexit in privato dicono che non sono d’accordo. Questo vale anche per qualche capo.
Si è pensato che pagasse inseguire acriticamente il sentimento disperato e confuso dei più disorientati. E magari sull’immediato lo ha anche fatto, salvo che oggi non c’è uno straccio di forza  dell’ex destra radicale che abbia una prospettiva politica, tranne l’attendere il crollo del sistema e ingannarsi puntualmente sulle reazioni popolari, costantemente travisate pro domo.

Perché la colpa è soprattutto nostra
Torniamo ai produttori di Jaen.
Essi perderanno sempre. A meno che qualcuno non si metta a organizzare e coordinare in senso corporativo i produttori europei insieme a loro.  Così si fornirebbe a tutta la categoria la forza contrattuale nei confronti delle Commissioni europee e, al tempo stesso, si potrebbe attivare una coordinazione di settore, e poi le coordinazioni tra le varie categorie.
Insomma un sistema di forze che faccia seriamente fronte al global/liberismo.
Gli spazi e gli strumenti ci sono tutti. A iniziare dall’istituto degli Stake Holders che già di per sé ha un potenziale notevole e che diventerebbe importantissimo se esistesse uno straccio di forza politica che si dedicasse alla lotta e alla costruzione del domani invece di scaldare le poltrone e riempire web e tv di esternazioni fini a se stesse.
Essere rivoluzionari significa (tornare a) essere realisti.
Pressare, quindi, il contenitore europeo, favorendone e non sabotandone le proiezioni di potenza, ma aggredendolo con l’organizzazione dal basso dei ceti produttivi.
Per fare questo bisogna però fare prima pulizia nelle proprie teste dei modi di sragionare che sono stati mutuati da culture storico/politico/economico/culturali a noi aliene e che continuano a fare danni rfino ad alimentare il disturbo della personalità come si nota in questi giorni in cui la paura del Covid si è tramutata in scaricabarile insensato e pietoso nei confronti di tutti gli altri europei.

Ultime

Algoritmi and blues

Una strana chiesa americana

Potrebbe interessarti anche