martedì 8 Ottobre 2024

Un ricordo di Tonino Fiore

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altNel trigesimo della sua dipartita

Tonino Fiore ci ha lasciati un mese fa, il 7 luglio.
Ero all’estero e ne sono venuto a conoscenza solo l’indomani.
Ho preferito lasciare che qui lo ricordasse chi lo conobbe bene e molto prima di me, chi gli fu saldamente unito e continuò a frequentarlo in seguito: Mario Merlino.
Io, parlando di lui, mi sarei irremediabilmente  perduto nel ricordo della mia adolescenza, visto che sono passati almeno trentotto anni dall’ultima volta che l’ho incontrato.
Colgo l’occasione del trigesimo della sua dipartita per dedicargli un ricordo che suoni meno stonato di quanto lo sarebbe stato allora.
Lo conobbi quando, diciassettenne, avevo deciso di fare il salto di qualità e di “arruolarmi” in Avanguardia Nazionale. Lì mi dissero subito che non sarebbe stata tollerata alcun’approssimazione, che non si era missini. Lì m’insegnarono la disciplina; anche con i metodi più rozzi, come darti l’appuntamento a un’ora precisa e lasciarti attendere, magari in piedi, per un’ora o più, per vedere se poi avresti protestato, obiettato e, soprattutto, se saresti ritornato.
Chi sostenga che questa non è una formazione politica, perché non si parla di contenuti, di progetti, di organizzazione, non ha capito nulla. E’ questa la formazione delle formazioni e il vero dramma della destra neofascista, poi divenuta terminale, è di non averla mai conosciuta.
Roba da soldataglia, dirà qualcuno. Gli consiglio di rileggersi i racconti Zen e, forse, capirà qualcosa del valore inestimabile di certe attese giudicate sciocche e inutili.
A controllare la formazione c’era un sergente di ferro, che sembrava uscito, in anticipo, da “I quattro dell’oca selvaggia”. Burbero, inflessibile ma ironico e sostanzialmente affabile, Tonino Fiore era l’istruttore, temuto e rispettato.
Se sgarravi giù flessioni e colpi allo stomaco.
Un’altra pratica che, purtroppo, è passata in disuso; e se ne sono visti gli effetti.
Tonino Fiore era un uomo tutto d’un pezzo, ed amava la franchezza.
L’ordine di scuderia in quel tempo era di non mischiarsi con i missini; però erano in corso le elezioni amministrative e un po’ ovunque ci si scontrava intorno ai comizi del Msi con gli assalitori rossi. Te le potevi perdere occasioni così? Sicché, disciplinatamente, disubbidii.
Qualcuno mi vide, rammento che era un comizio di Gionfrida a piazza Bologna, e lo raccontò al sergente di ferro. Questi mi convocò in presenza del mio accusatore e mi domandò se fosse vero che mi ero recato al comizio di piazza Bologna. Gli risposi di sì e che non era l’unico comizio al quale  ero andato, gli dissi che ritenevo mio dovere e piacere essere presente quando c’era situazione di pericolo e gli elencai, uno ad uno, tutti i comizi a cui mi ero presentato.
Per punizione mi disse: bravo! E mi regalò una smorfia che sapeva di sorriso.
Con quel cenno e quella sola parola mi disse in sostanza che avevo saputo andare all’essenza: ero disciplinato, ma sapevo anche essere ribelle in nome di richiami superiori. Quello che, seppi poi, i tedeschi durante il Terzo Reich provavano a insegnare non solo ai giovani ma anche ai bambini delle elementari.
Continuai a frequentare AN, l’originale non quella finiota, nella sede di via dell’Arco della Ciambella fino alla fine dell’estate del 1971; contribuii a stilare il documento di Avanguardia per le scuole e, infine, passata la prova, venni accolto a pieno titolo. Ne fui orgoglioso ma preferii uscirne perché, sostenni allora, e tuttora credo che avessi ragione, che l’azione prevista non era veramente politica, mentre  io intendevo farla a tempo pieno e ovunque.
Da allora non ho più rivisto Tonino Fiore.
Ho avuto sue notizie da Francesco Mangiameli, il mio camerata che sarebbe poi stato assassinato da insensati ineffabili, che lo incontrò per caso per le vie di Roma.
“Quelli di Terza Posizione – gli disse Tonino Fiore – mi piacciono: posseggono qualcosa della mia tempra”.
Finora è il miglior complimento che abbiamo ricevuto.
Addio comandante, forse c’incontreremo nel Walhalla, ammesso che io possa raggiungerlo.

Come avevo premesso, e ne chiedo venia ai lettori, ho finito col ricordare la mia adolescenza e non sono riuscito a parlare di Tonino Fiore, a ricordarlo com’era.
Ma è andata proprio così? O invece senza averlo neppur voluto, è emersa l’essenza, la personalità, forte e silente, del grande istruttore?
 

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