L‘antifascismo è quel veleno che viene iniettato nel corpo della nazione per confermare vecchi e nuovi untori ai posti di comando nel sistema-regime imposto dagli invasori – quelli che i loro servi chiamano “liberatori” – al nostro popolo.
Di questi tempi c’è un doppio motivo per resuscitare – per quel che vale – l’antifascismo.
Da una parte serve per confondere le acque. E’ sempre più difficile, infatti, per i comunisti (vetero o post è eguale: ragionano allo stesso modo) dichiarare che gli anglo-americani sono invasori e non “liberatori” in Iraq mentre in Italia sono stati “liberatori” e non invasori. E occorre quindi circondare tale stortura con una nuvola di fumo.
Dall‘altra serve a raccattare voti. I vari Nunzio D ‘Erme ne hanno bisogno, poverini per andare a Strasburgo ed incassare così lauti stipendi dal cimitero degli elefanti parlamentari.
‘Un po’ di sana violenza antifascista serve dunque alla bisogna. Si sceglie un obiettivo (per esempio una sede di Forza Nuova a Roma), si mobilitano un paio di cento “zecche “, si studiano i tempi (ottime le ore 18 di martedì, l‘altro ieri) e si dà l‘assalto. “Sprangare” i neofascisti, tanto, non è reato. E’ una violenza che non costa nemmeno un fermo di polizia e si compie nella massima impunità. Come insegnava lo stesso Pecorella: ora eccelso “forzista “, ma già avvocato di “Soccorso Rosso” al processo per l‘assassinio di Ramelli.
Cosi galvanizzati, i giovani “democratici” dei centri sociali potranno inviare in Europa gli amici democratici dei loro dei “liberatori”.