Pirati di fronte al Senato. La legge vuole che si chiamino così. Sono quei cittadini che scaricano da internet «opere d’ingegno» (vale a dire film, musica, scritti coperti da diritto d’autore).
Tutto materiale utilizzato a fine personale, naturalmente, e senza fini di lucro. Ma per la legge (il decreto Urbani approvato poche settimane fa dalla Camera e ora in discussione al Senato) compiono un reato paragonabile alla violenza privata o ai maltrattamenti verso bambini. Le pene? Quattro anni di reclusione, una multa fino a 15.493 euro, la confisca delle apparecchiature informatiche, la pubblicazione del nome del trasgressore su uno o più giornali a tiratura nazionale.
Come si è arrivati a questa assurdità? Merito di un emendamento approvato a Montecitorio che ha sostituito la dicitura “a fini di lucro”, con quella “per profitto”. E “profitto”, spiegano gli esperti di diritto è anche il risparmio. Come quello di chi scarica un file per uso personale.
Per fortuna il “popolo della rete” si è subito accorto del pericolo (errore o scelta voluta, non si sa), e si è mobilitato. In rete e nelle piazze, perché, vale la pena ricordarlo, si tratta di persone in carne e ossa, non solo di byte. Una protesta che è proseguita fino ad oggi, con un presidio davanti a palazzo Madama per chiedere ai senatori di modificare la legge su tre punti fondamentali: l’aumento delle tasse sui supporti (masterizzatori, hard disk, cd, dvd…), l’obbligo di apporre un bollino su ogni software, anche gratuito, e soprattutto le sanzioni per gli utenti.
E alla fine un accordo si è raggiunto. Lo ha annunciato il senatore dei Verdi Fiorello Cortiana, il più attivo in questi giorni al termine di un incontro con il ministro della cultura Giuliano Urbani. Il decreto è stato approvato così com’è, ma contemporanemante è stato anche approvato un ordine del giorno che impegna il governo a modificare i punti controversi. Quando? La scadenza è ravvicinata. Il ministro ha infatti garantito che i correttivi saranno contenuti nel decreto annuale che regola le spese dei beni culturali, a cui verrà aggiunto un articolo che disporrà l’abrogazione di tasse e bollini e il ripristino della dizione “a fini di lucro”.
«A quanto sembra – afferma Fiorello Cortiana – siamo riusciti a fermare un provvedimento sbagliato. Naturalmente non basta. La Rete vigilerà in queste settimane per verificare che le promesse si trasformino in fatti. Ma biosgnerà anche creare un’unica commissione che abbia il compito di armonizzare questo decreto con la normativa italiana ed europea e di divenire un riferimento costante per tutte le questioni che hanno a che fare con Internet».
Non è la prima volta che il Parlamento si trova a dover modificare più volte i decreti del governo su internet. Ora si tratta di sapere se il governo manterrà l’impegno preso o se si procederà con le sanzioni previste dalla legge. In tal caso sarà un giro di vite micidiale per la libertà in rete.