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La Ue intima all’Italia: donne in pensione a 65 anni!

 


Nuovo ultimatum della Commissione Ue all’Italia: se non equiparerà immediatamente l’età pensionabile tra uomini e donne nel settore pubblico sarà nuovamente deferita alla Corte di giustizia europea. L’avvertimento – secondo quanto apprende l’agenzia Ansa – è contenuto in una nuova lettera che Bruxelles ha inviato alle autorità italiane, chiedendo loro di adeguarsi al più presto alla sentenza della Corte europea di giustizia che già nel 2008 intimava all’Italia di innalzare l’età pensionabile delle dipendenti pubbliche, portandola a 65 anni anni, lo stesso livello previsto per i colleghi maschi.
In effetti la manovra economica appena approvata dal governo prevedeva l’equiparazione dell’età della pensione per uomini e donne nella Pubblica Amministrazione, ma in modo graduale, con entrata definitiva a regime solo nel gennaio 2016. La norma tuttavia è scomparsa dalla versione definitiva della manovra, e quindi la completa equiparazione rimane fissata al 2018, mentre la Commissione Europea insiste sul termine del 2012.
Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi incontrerà pertanto lunedì a Lussemburgo la commissaria Viviane Reding per trattare sulla richiesta europea di ridurre la gradualità nel pensionamento delle donne del pubblico impiego. “Cercherò di agire al meglio per una soluzione che sia definitiva” ha detto Sacconi, attualmente in missione in Cina.
L’obiettivo del ministro è quello di capire “quanto sia cogente la richiesta europea e quanto minacci di tradursi in infrazione”. Per Sacconi infatti la gradualità attuata per il pensionamento delle dipendenti pubbliche era stata già trattata con convinzione da parte del governo italiano. “E’ pur vero che l’anticipo del pensionamento delle lavoratrici pubbliche non pone i problemi di disoccupazione che ci sono nel privato e quindi di assicurazione del reddito” per le donne che dovessero perdere il lavoro e dover attendere per andare in pensione.
“Abbiamo il veicolo della manovra e vedremo come rispondere all’Ue e alla Corte di Giustizia europea”, ha affermato il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, a margine di un incontro sull’innovazione: “Il Governo risponderà in maniera collegiale”, ha detto. “Relazioneremo su questo al prossimo Consiglio dei ministri”, ha fatto sapere.
La Commissione aveva già dato un ultimatum all’Italia un anno fa, avviando una procedura d’infrazione. La sentenza della Corte europea di Giustizia risale al 13 novembre 2008. Il tribunale riteneva che la discriminazione operata nei confronti degli uomini (che vanno in pensione cinque anni più tardi) non avesse motivazioni giuridiche valide.
Nella missiva inviata alle autorità italiane, si chiedono spiegazioni sui ritardi e si sottolinea come la questione sia rimasta irrisolta dopo i tanti richiami succedutisi negli anni; e nonostante nel giugno 2009 Bruxelles abbia aperto una nuova procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese proprio per la mancata attuazione della sentenza della Corte.
La Corte di Giustizia Europea impone la parificazione dell’età pensionabile di uomini e donne soltanto nel pubblico impiego, e non nel privato, perché secondo le norme comunitarie, è possibile derogare al principio di eguaglianza tra i sessi nel caso delle pensioni erogate dall’Inps, dal momento che si tratta di un regime detto “legale”, mentre nel caso del pubblico impiego non è ammessa alcuna deroga.

 

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