Una poesia di Hermann Löns, del movimento Völkisch
Ecco la bellissima poesia di Hermann Löns , morto sotto il segno di quella Runa del lupo che, presuntuosamente, vanto in-scritta nella carne.
Ostara (Oster) è l’antica dea nordica dell’alba, della primavera, equivalente alla dea scandinava Freya.
Hermann Löns era uno degli esponenti tedeschi del movimento Völkisch, diffusosi in Germania nei primi del 900, che vedeva nel ritorno alla terra l’unica via di salvezza dalla progressiva demolizione di ogni impianto tradizionale.
Lo scritto raggiunge sublimi vette di lirismo. Non è difficile scorgervi la critica alla distruzione dell’impianto spirituale nordico operata dal diffondersi del cristianesimo.
Ora che siamo in periodo equinoziale, rilancio ai miei camerati e amici la sfida per la riscoperta delle nostre comuni radici religiose europee, lontane da desertiche contaminazioni. In un mondo, come scriveva Löns, pacificato con la spada e armonizzato dall’amore per l’amico, dal legame con la propria comunità. Prima che contasse il denaro.
Immergendoci nei silenzi che pochi angoli del mondo ancora offrono, non è difficile sentire il soffio magico proveniente dai tempi antichi. Aldilà di ogni legge, che non sia quella pura del creato.
Das Osterfeuer – Fuoco di Oster
Camminavo sulla brughiera, la brughiera così lontana e vasta,
La solitudine sussurrava al mio orecchio parole cupe.
Mormorava di tempi defunti, quando qui ancora erravano gli uri.
Sulla palude l’aquila volava alta nel cielo;
Là il feroce lupo lasciava Rune di morte,
Là il possente alce ancora cadeva per mano del cacciatore.
Là la dottrina straniera non aveva ancora trasformato il bene nel male,
E i nobili Wodan e Frigga erano ancora solennemente venerati;
Là contava ancora il coraggio dell’uomo e non solo il suo denaro,
Là l’eroe difendeva il suo diritto con la spada lucente;
Né con vile parola, e né con giuramenti a buon mercato;
Questo segretamente mi insegnava la mortale solitudine.
I nostri Dei erano ancora chiamati amore e potenza,
Potenza generava la vita, amore portava il piacere.
La nostra legge era breve, la nostra legge era questa:
Amore all’amore, ma anche odio per l’odio.
Mano leale ad ogni uomo che si dimostrava amico,
Mano sanguinosa per il furfante che si avvicinava come nemico.
Altri tempi sono passati sulla brughiera,
Prima che la forma malvagia abbattesse la sacra foresta di Wodan;
Frigga, l’amata donna, trasformata in una strega,
Ogni luogo sacro profanato come posto di orrori.
I nobili corvi di Wodan chiamati gli uccelli della forca.
Le buffe civette di Frigga oltraggiate come pollame dei cadaveri.
Ed il tredici, il più sacro dei numeri segreti,
Tramutato in numero di sfortuna e di paura.
Tra le querce sorgeva una sola casa col tetto di paglia,
Dal frontone di muschio cavalli mostravano i loro colli;
Un’apertura a forma di cuore aperto era tagliata per i gufi,
Per tenere con sé un vecchio ed amichevole ospite.
Sulla porta grigia c’era il cerchio sacro,
Inciso e colorato come al tempo della vecchia saggezza.
Ed una Runa solare, di fortuna, appena accanto,
Proprio come avrebbero fatto gli antenati nella loro seria e perseverante tradizione.
Su entrambi i lati del muro nero della terra,
Il cavallo di battaglia di Wodan coraggiosamente impennato,
Come se egli volesse nitrire su di me tutta la sua forza:
Ancora adesso porto Wodan amico, e tu ancora credi a Frigga.
Camminai oltre, verso la terra al crepuscolo,
Dietro tramontava il sole rotondo e rosso.
Nell’altro lato, oltre la palude imbrunita
Una luminosa fiamma rossa saliva verso il cielo senza stelle.
Il fumo bianco si alzava prima della distesa della nera foresta,
Fino a che scompariva nelle nuvole della sera.
Io stavo fermo e rimanevo a fissare la luminosità del fuoco,
Ed ascoltando il rallegrarsi delle ragazze e le grida acute dei giovani.
Ridevo e pensavo: nonostante tutto la gioiosa via degli antenati
E’ stata tenuta sempre fedelmente viva dal mio popolo.
Ancora essi onorano il loro dio nella buona tradizione degli avi
Con braci luminose e col bianco e vorticoso fumo.
Tutto è sempre rimasto com’era nei tempi antichi.
Il blu negli occhi e nelle menti, luminosi i cuori ed i capelli.
Sempre essi hanno mantenuto i loro corpi ed i loro spiriti forti,
Sempre sani sono le loro gambe, il loro sangue ed il midollo.
Camminavo sulla brughiera, la brughiera così lontana e vasta,
La solitudine sussurrava al mio orecchio parole gioiose.
Hermann Löns