L’Europa che si delinea come potenza deve risolvere le sue stupide questioni interne
In un contesto reso complicato dallo scontro in corso con il Governo polacco sul tema del rispetto dello stato di diritto, la Commissione europea ha lanciato una consultazione pubblica sul futuro del governo dell’economia e delle regole in materia di disciplina di bilancio (il cosiddetto “economic governance framework”).
Questa consultazione (che in realtà era partita nel febbraio del 2020 ma era stata subito sospesa per consentire di valutare gli effetti della pandemia sull’economia europea) è la prima fase di un processo che dovrebbe condurre a vere e proprie proposte da parte della Commissione non prima della primavera 2022. Data la sensibilità politica della materia, è più che comprensibile che la Commissione abbia voluto sondare il terreno, e soprattutto gli orientamenti dei governi, prima di avanzare sue proposte su un tema potenzialmente così divisivo.
Oggetto della consultazione saranno certamente le regole vigenti in materia di controllo dei bilanci nazionali e delle politiche fiscali degli Stati membri (in sintesi, il Patto di Stabilità e Crescita nella sua versione aggiornata adottata negli anni caldi della crisi economica e finanziaria). Ma anche più in generale altri aspetti del governo dell’economia quali la procedura per il monitoraggio degli squilibri macro-economici eccessivi, o il funzionamento di quella procedura di coordinamento soft delle politiche economiche nazionali nota come Semestre europeo.
Destinatari della consultazione (che si concluderà alla fine di quest’anno) saranno in primis i governi degli Stati membri, ma anche le altre istituzioni della Ue, i Parlamenti nazionali e un’ampia platea di “stakeholder” che include partner sociali, rappresentanze di interessi di categoria e centri accademici e di ricerca.
Premessa della consultazione è la constatazione delle numerose e profonde conseguenze che la pandemia ha prodotto sulle economie dei Paesi membri: la recessione senza precedenti registrata nel 2020 (e solo in parte recuperata nel 2021), l’impatto di questa recessione sui livelli di occupazione e sul mercato del lavoro; ma anche le misure nazionali ed europee adottate per contrastare gli effetti più immediati del Covid e quelle che si stanno rendendo necessarie per rilanciare crescita e occupazione e i loro effetti sulle finanze pubbliche degli Stati membri.
Un contesto che suggerisce quindi di sottoporre ad un “tagliando” il funzionamento di queste regole. Anche perché la sospensione temporanea del Patto di Stabilità, con l’attivazione della “escape clause” provvidenzialmente disposta nel marzo del 2020, e la parallela sospensione de facto delle regole vigenti in materia di aiuti di Stato, non saranno prorogate oltre la fine del 2022. Da qui l’esigenza, peraltro da tempo sentita, di ripensare quelle regole, che erano state concepite e adottate in un contesto profondamente diverso da quello attuale.
Nel presentare la consultazione, la Commissione è stata estremamente prudente. Ha riconosciuto che il quadro macro-economico post-Covid risente ancora dell’impatto della recessione, malgrado la ripresa in atto quest’anno. Ha giudicato positivamente la risposta della Ue all’emergenza pandemica, ma ha ammesso che la crisi economica ha provocato un aumento degli squilibri macro-economici e soprattutto un aumento molto significativo del debito pubblico e privato. Ha evidenziato alcuni limiti delle regole attualmente sospese, ma ha ricordato che politiche fiscali nazionali responsabili continueranno ad essere necessarie se si vorrà garantire la sostenibilità del quadro finanziario e dei bilanci pubblici nel medio-lungo periodo.
In altre parole, la Commissione, senza scoprire per ora le sue carte, ha preferito porre una serie di quesiti aperti agli “stakeholder” che parteciperanno alla consultazione. L’auspicio è evidentemente che le risposte che verranno raccolte possano servire presentare delle proposte che possano contare già in partenza di un sufficiente grado di sostegno.
All’esito della consultazione, sulla carta (ma solo sulla carta), la Commissione avrebbe tre possibili opzioni: proporre una revisione dei principi e parametri per la governance economica contenuti nei Trattati; presentare una o più proposte legislative per una revisione della legislazione secondaria vigente in materia, e in particolare dei due regolamenti con i quali a suo tempo si era riformato il funzionamento del Patto di Stabilità (noti come “six pack” e “two pack”); limitarsi ad una comunicazione interpretativa con la quale indicare i criteri di concreta applicazione delle regole vigenti.
Mentre la prima opzione mi sembra francamente poco praticabile per le difficoltà politiche collegate ad una ipotetica revisione dei Trattati (ed è di fatto già stata esclusa nelle prime dichiarazioni del vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis) l’opzione di una semplice comunicazione interpretativa della Commissione (qualcosa di simile a quella adottata nel 2015) mi sembra di converso riduttiva e non adeguata ad affrontare tutte le complessità dell’operazione. Più probabile quindi che si lavori su una riscrittura dei “Six Pack” e del “Two Pack”. Si tratterà di vedere quanto marginale o quanto radicale.
Tra gli obiettivi della riforma sembra emergere un certo consenso sulla necessità di regole più semplici e trasparenti per il controllo dei bilanci pubblici (magari con l’eliminazione di parametri non facilmente definibili, come l’output gap); e sulla opportunità di rivedere la regola sulla riduzione del debito (oggi decisamente irrealistica alla luce dell’aumento generalizzato dei debiti pubblici). Più controversa resta ancora l’idea (non nuova, ma di difficile attuazione) di esonerare alcune categorie di investimenti pubblici dal calcolo del deficit e quindi del debito.
Al di là del merito delle proposte che emergeranno da questa fase esplorativa, con l’avvio della consultazione si aprono di fatto i giochi di una partita complessa e controversa; e i governi dovranno uscire allo scoperto. Stando alle prima prese di posizione, ma nell’attesa che a Berlino si insedi un esecutivo, si sarebbe tentati di prevedere una potenziale contrapposizione tra nordici frugali e meridionali favorevoli a regole meno rigide.
Ma in questa congiuntura c’è da chiedersi quanto la Ue possa permettersi l’insorgere di un’altra linea di faglia fra Stati membri, con la prevedibile conseguenza del ricrearsi di quel clima di sfiducia reciproca che nel recente passato aveva pesantemente condizionato i processi decisionali della Ue. Alla Commissione spetterà il compito per ora di ascoltare, ma in seguito quello più difficile di fare proposte che non siano divisive, e che servano all’obiettivo di nuove regole per il governo dell’economia al servizio della crescita e della occupazione in un quadro di stabilità.
Per l’Italia, impegnata a confermare una sua ritrovata credibilità con una efficace attuazione del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, converrà scegliere gli alleati giusti, e concentrarsi su obiettivi raggiungibili e realistici, coerenti con il nostro interesse per nuove regole di “governance” economica che servano a stimolare crescita ma in un quadro di sostenibilità delle finanze pubbliche.