venerdì 19 Luglio 2024

Il tragico sistema del traffico umano

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Forse sarebbe il caso d’interrogarci per capire come funziona la macchina infernale

 

Non si può essere lasciati in pace neppur da morti se questo aiuta le sinistre a fare gazzarra.
Indecente e vergognosa strumentalizzazione delle vittime del naufragio di Cutro. E poi? Dov’è il dibattito?
I migranti sono esclusivamente un argomento per talk show e slogan incrociati.
Del resto è ben arduo raccappezzarsi tra gli interessi e le emozioni contrastanti della gente comune da una parte e degli industriali dall’altra, cui si aggiungono le speculazioni delle associazioni parassitarie di “accoglienza” che  in Italia beneficiano dei contributi record in Europa, mentre, in cambio, le condizioni di vitto e alloggio per quelle che, correttamente, definiscono risorse, sono tra le più misere. “Con l’immigrazione si guadagna più che con la droga” furono le parole catturate di Buzzi, faccendiere romano di area Pd.

Si affronti in modo sistemico
Troppi sono i propri interessi (finanziari, politici, economici) perché la sinistra possa essere disposta ad un confronto spassionato ed obiettivo.
Ma le destre non stanno molto meglio. Il populismo risolve tutto con la chiusura ipotetica dei porti, dimenticando solitamente che ci sono problemi demografici e geopolitici che sono molto più sostanziali delle stesse ideologie mondialiste o delle manovre dei Soros di turno. Certo, vanno a scopa con l’ideologia dell’Onu, ma la fossilizzazione neuronale che risolve le dinamiche come complotti non aiuta a trovare soluzioni: la sostituzione etnica dipende soprattutto dal nostro aids mentale e culturale, e dal nostro inverno demografico. D’altronde, quando i progressisti irridono i chiudo-le-frontiere facendo notare che si affidano a donne di pulizia, badanti, infermiere, cuochi, manovali, immigrati e che, senza, sarebbero perduti, hanno gioco facile.
Troppi tabu ideali, culturali e giuridici impediscono una messa a fuoco corretta del problema e la nascita di una politica dai canoni correttamente selettivi.
In ogni caso, il problema non si affronta con logiche semplicistiche ed emiplegiche ma in modo sistemico. Le linee tracciate da questo governo per venire a capo dei flussi sembra sensata ma, affinché dia frutti, ci vogliono due generazioni, ovvero cinquant’anni.
Intanto si dovrebbe fare anche altro: tipo implementare la robotica, come in Giappone.
Comunque si deve affrontare un problema, che è vitale, sottraendolo all’avanspettacolo volgare e chiassoso che va avanti da tempo.

Chi paga?
Intanto si potrebbe fare uno sforzo trasversale, prescindendo dagli orientamenti politici, per capire cosa c’è dietro tragedie come quelle di Cutro, che, ricordiamo, avvengono sotto tutti i governi.
Si dice che ogni passeggero paghi da cinquemila a ottomila euro per attraversare il Mediterraneo in una bagnarola, sfuggendo miseria e disperazione. Questo però non ha senso. Parliamo di cifre astronomiche per i paesi di provenienza, tranne che per i ricchi, che lì solitamente sono ricchissimi. Considerando che ci sono anche bambini e interi nuclei familiari, i conti non tornano, a meno che non ipotizziamo che a bordo siano tutti ricchi travestiti da poveri, il che non è possibile, o che gli scafisti forniscano un servizio a buon mercato, il che è letteralmente grottesco.
C’è quindi un mistero che va scandagliato: chi finanzia tutto questo e perché.
Non credo agli jihadisti in cerca di terroristi.Che ci possa essere un gioco di influenze e che, per esempio, la Turchia che paghiamo per contenere i flussi – e che controlla anche parte della Libia –  giri parte di quello che le versiamo per spostare invece gente su cui contare in futuro, lasciando così intanto sfiatare la bolla, è una possibilità. Forse ce ne sono altre, ma vanno individuate. Se però quest’ipotesi è quella giusta, le complicità italiane ed europee in qualcosa che è ben più di un silenzio assenso sarebbbero alte, e potremmo concludere che il tutto lo stiamo finanziando noi.
Qualunque sia la concezione aprioristica che se ne ha, non si può affrontare un problema se non lo si definisce. “Con l’immigrazione si guadagna più che con la droga” non è uno slogan. E poiché il narcosistema rappresenta la terza o quarta voce della finanza mondiale, non è possibile confrontarsi con qualcosa che, almeno qui, rende perfino di più, se non lo si identifica correttamente.
Altrimenti non servirà a nulla delineare e  provare a mantenere in piedi una rettifica politica di lunga durata.
Si riparta dal buon senso e dalla logica!

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