sabato 21 Dicembre 2024

I nostri angeli sui cieli ucraìni

Come contribuiamo alla guerra di popolo

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Non è vero che ci limitiamo a fornire materiale militare.

In Romania sul mar Nero i nostri piloti, tra loro anche una donna, a bordo dei caccia catturano dati importanti che in poco tempo finiscono sui cellulari dei soldati ucraini sul campo di battaglia

Arriva un allarme: in dieci minuti un caccia italiano con un boato squarcia l’aria dalla base di Costanza e decolla. Sorvola il Mar Nero accelerando fino a superare la velocità del suono, acquisisce dati e informazioni. La comunicazione gracchiante di ‘Mr Big’ con la torre di controllo procede. In poco tempo si attiva una triangolazione con Roma che fa scattare un alert via messaggio sul cellulare dei soldati ucraini nella trincea del Donbass. Sopra i cieli dei Carpazi dieci piloti italiani sui trent’anni, tra loro una donna, supportano tra le nuvole della Romania le truppe di Kiev contro l’invasione russa, raccogliendo le coordinate degli attacchi in Ucraina. A supportarli negli hangar c’è una squadra abituata all’odore di cherosene bruciato che conta centocinquanta nostri militari, ma il cervello che poi elabora tutto è in Italia, con le sue sinapsi digitali sparse per il Paese. “Abbiamo creato un ombrello virtuale di informazioni sui dati – come ha spiegato il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, Luca Goretti – un vantaggio affinché Kiev possa competere alla pari con la Russia in una guerra che, anche se non sembra, è altamente tecnologica, dove ogni informazione viene mandata al soldato ucraino sul cellulare”.

La cosiddetta task force Air Gladiator opera nell’ambito della missione Nato nata dopo l’invasione russa della Crimea nel 2014 a scopo di difesa e deterrenza e oggi, dopo essere stata in vari Paesi, l’aeronautica militare italiana nella base aerea di Mihail Kogalniceanu, sulla costa del Mar Nero, opera con quattro caccia Eurofighter Typhoon e “l’ombrello virtuale” è un supporto decisivo. Così si passa dal rumore assordante delle mega turbine sulla pista alla quiete degli schermi nel bunker che sfornano numeri. “I sensori complessi dei velivoli raccolgono moltissime informazioni che – spiega il colonnello Antonino Massara, comandante della Air gladiator in Romania – vengono elaborate in parte qui in Romania ed in parte in Italia, poi inviate alla Nato e agli organismi dell’intelligence militare nazionale ed utilizzate per aiutare la comprensione degli scenari tattici e strategici”. Le sentinelle volano trenta ore alla settimana infilate nelle loro cabine con le maschere, alle prese con schermi, cloche e un’infinità di pulsanti nella plancia di comando: i piloti di turno per l’allerta rimangono vestiti con tutto l’equipaggiamento (col quale dormono anche) restando pronti al decollo giorno e notte e per poter partire in pochi minuti nei casi di ‘scramble’, l’ordine di decollo su allarme, spesso alla ricerca dell’avvicinamento di ‘zombie’, gli aerei non identificati. “Lo scenario è complesso e non lascia spazio ad errori, che potrebbero essere visti come provocazioni”, sottolinea il maggiore Daniele M., comandante del task group Typhoon, il quale è anche un supervisore dello stato di salute dei piloti e del personale tecnico. “Ci sono stati eventi di scramble per i quali – aggiunge – i nostri velivoli si sono alzati in volo in pochi minuti dalla ricezione dell’ordine di decollo”.

Intorno ai dieci top gun italiani c’è una squadra che dagli hangar si occupa di logistica ed infrastrutture. Dalla cura delle apparecchiature di pressurizzazione della cabina fino agli impianti per la generazione dell’ossigeno erogato nella maschera del pilota, le attenzioni sono maniacali. Il tutto prima di vedere nell’aria le scie infuocate di diversi metri che si portano dietro gli Eurofighter in decollo. Poi il volo, dal quale i campi rurali della Romania si rimpiccioliscono sempre di più fino a diventare invisibili mentre poco distante il cielo è segnato dalle striature grigie lasciate dai missili che piovono sul territorio di guerra. Dopo un viaggio fino a oltre duemila chilometri orari e quota diecimila metri, il caccia torna alla base e vengono analizzati i dati raccolti. Resta tutto il lavoro a terra. E uno degli aspetti più delicati è la manutenzione degli apparati di comunicazione per la raccolta dati. Per spiegarsi, il tenente Andrea F., capo sezione efficienza aeromobili della task force che coordina una settantina di specialisti, fa riferimento all’assistenza per un piccolo aggeggio: “le operazioni di volo sono ormai gestite da software che in caso di avarie ci indicano i protocolli di intervento. Più che a un’officina meccanica per automobili, la nostra attività si avvicina piuttosto a quella di un centro Apple”.

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