mercoledì 5 Febbraio 2025

Il 2024 nel mondo

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L’anno che se ne va, non privo di alcuni colpi di scena, in fondo non ha fatto che fornire conferme.

Partiamo dalla “geografia di superficie”, ovvero dal gioco tra potenze.

Chi ha dominato il 2024?

Hanno fatto saltare il banco in tre: Stati Uniti, Israele e Turchia.

Gli Stati Uniti hanno accelerato con la produzione qualitativa sulle tecnologie avanzate e su questo hanno superato la Cina e distanziato l’Europa che, per altre ragioni, è stata rigettata indietro di un decennio.

Hanno confermato la supremazia economica e perfino quella energetica più recente, sospingendo al massimo la fratturazione degli scisti (fracking) e si sono assicurati il 20% mondiale di produzione del greggio e il 25% del gas.

Sono riusciti a confermare il ruolo di playmaker nelle zone strategiche mondiali anche gestendole “da lontano”, hanno incassato il regalo russo della rinascita della Nato e hanno fatto del Baltico un mare atlantico.

D’altronde Starlink, con ben 6.400 satelliti, ha sconfitto la rete geostazionaria e domina le comunicazioni strategiche mondiali.

Infine, con la politica innovativa sulle start up e una nuova visione del rapporto tra Stato e capitali, hanno preso almeno una misura di vantaggio su tutti.

Tel Aviv si è assicurata il sostegno degli stati arabi cointeressati al suo ruolo di hub energetico mediorientale e sta operando senza cessa per la realizzazione della Grande Israele la cui piantina ostentano sul bracciale del proprio esercito (ben più ampia di quello che è al momento). In oltre un anno di macelleria, contrassegnato da colpi da maestro, quale l’esplosione dei cercapersone in Libano, ha ostentatamente accresciuto il suo potere, il suo territorio e le proprie ambizioni esplicite.

La Turchia, con una gestione politica ammirevole e da cui si dovrebbe imparare seriamente, è riuscita ad assumere una centralità politico-diplomatica che oltrepassa il livello regionale ed è andata molto oltre nel suo progetto neo-ottomano, con i successi in Siria e in Azerbaijan.

Gli sconfitti di quest’anno sono a loro volta tre

Mosca ha dovuto raccogliere i cocci. Non solo non è ancora riuscita a sfondare in Donbass, ma da quest’estate ha una spina nel fianco ucraìna proprio in Russia e, benché il Cremlino avesse annunciato che se ne sarebbe liberato in un mese, non vi è ancora riuscito.

Nel Sahel, dov’è subentrata alla Francia, quest’anno la Russia ha perso diverse battaglie con gli islamisti che hanno anche raddoppiato il territorio che controllano.

Mosca è stata addirittura ricacciata dalla Siria.

Le condizioni economiche e perfino dell’industria bellica (fonte ufficiale il vice primo ministro russo…) sono preoccupanti. Al vertice dei BRICS le posizioni del Cremlino non sono state riprese da nessuno, mentre le mediazioni sino-indiane si stagliano sull’orizzonte di un’appassionante partita sull’Indo-Pacifico che vede il risorgere militare del Giappone.

Oltre alle minacce nucleari, ormai stucchevoli, Mosca si aggrappa alla speranza che sia Trump a salvarne la faccia e la tenuta.

L’Iran ha subito rovesci interni ed esterni che gli sono costati la Siria e forse il Libano e sembrano aver accompagnato un progetto intestino d’imminente cambio di regime.

La Germania, principale obiettivo strategico-economico della guerra russoamericana all’Ucraìna, è letteralmente a pezzi, portandosi dietro l’esaurimento della spinta europea.

In controtendenza

abbiamo la convinzione sempre più diffusa che l’Europa debba cambiare direzione, funzionamento e velocità. Non sappiamo quanto questa convinzione possa avere seguito e soprattutto da parte di chi, ma è già qualcosa.

Intanto abbiamo un ritrovato ruolo politico importante dell’Italia, sia in chiave europea che nelle direttrici mediterranea, africana e perfino nell’IndoPacifico.

Inoltre

Sul piano economico è proseguita la tendenza alla concentrazione di ricchezze e alla discesa sociale delle classi medie. Questo mette sempre più a rischio la continuità dello stato sociale in Europa, condannata anche dalla demografia.

Sul piano politico/societario

Due dati rilevanti e positivi sono stati confermati.

La sconfitta psicologica e l’incapacità di darsi una linea da parte delle sinistre ormai rifugiatesi in feticci isterici (antifascismo, antipatriarcato, antilupocattivo) e che sono state sconfitte ovunque, in Europa e pure negli Stati Uniti.

Ma si è anche verificato che, chiamate alla prova, le destre populiste e demagogiche sono state costrette ad abbandonare ovunque le loro stupide tiritere e adeguarsi. Il che non significa obbligatoriamente da serve: di qui può nascere una capacità pragmatica che trasporti almeno il buon senso e il naturale in nuove gestioni politiche.

Purtroppo anche su questo siamo in ritardo perché un abbozzo di sintesi tra capitale e Stato, tra modernizzazione e continuità, tra passato e futuro, tra regole e libertà è stato offerto in Usa da Elon Musk, l’uomo dei 6.400 satelliti in orbita.

Ovviamente è una sintesi americana, fondata sulla mentalità titanico-pistolera della nazione del western: la nostra dev’essere diversa, Ma, soprattutto, deve arrivare.

Da tutto questo possiamo concludere che quest’anno molti nodi sono venuti al pettine.

Ora però si tratta di munirsi del pettine.

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