lunedì 2 Dicembre 2024

In onda sulla tv Usa le torture agli iracheni

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Un prigioniero iracheno sta in piedi sopra una cassetta, con un cappuccio nero sulla testa. Legati alle dita di entrambe le mani ha dei fili, e tiene le braccia aperte.

E dietro ci sono dei soldati americani che lo hanno avvertito: “se scendi dalla casseta muori fulminato”.È una delle immagini che gli Stati Uniti non avrebbero mai voluto vedere, ma sono andati in onda nel popolarissimo programma giornalistico della Cbs “60 Minutes 2”. Sono le prove degli abusi commessi nella prigione di Abu Gharib, che non hanno raggiunto la violenza del massacro di My Lai, ma forse hanno ricordato al paese le pagine più oscure della guerra in Vietnam.


A marzo, per queste violazioni, sei soldati americani incaricati di fare la guardia ai detenuti erano stati incriminati, ma ora lo stesso generale che comandava il sistema carcerario in Iraq Janis Karpinski, è sotto inchiesta ed è stato sospeso. La Karpinski, perché si tratta di una donna, rischia l’espulsione dalle forze armate e forse conseguenze anche più gravi. Gli abusi erano avvenuti tra novembre e dicembre scorso, e qualche notizia era trapelata poco dopo. A marzo, poi, il Pentagono aveva rivelato di avere incriminato sei soldati, che adesso rischiano la corte marziale.


Le violenze però erano state documentate da qualcuno che le aveva fotografate. Ora quelle immagini, che erano servite ai comandanti per aprire l’inchiesta, sono finite nelle mani della Cbs, allargando lo scandalo.


Una delle foto mostra diversi prigionieri iracheni nudi ammassati in una specie di piramide umana, alcuni con scritte ingiuriose sulla pelle. Un’altra li fa vedere mentre vengono obbligati a simulare atti sessuali uno con l’altro. Un’altra ancora, non trasmessa dalla televisione, riprende un detenuto con i fili elettrici attaccati ai genitali. Poi ci sono immagini di prigionieri minacciati dai cani, e in quasi tutte le fotografie si vedono soldati e soldatesse americane che ridono, indicano i detenuti nudi, e fanno cenno di o.k. con il pollice della mano sollevato. Uno dei militari incriminati, il sergente Chip Frederick, ha accusato i superiori di non averli addestrati al loro compito. Frederick è un riservista, che nella vita civile facevano proprio il secondino. Secondo lui i comandanti avevano ordinato alle guardie di “ammorbidire” i prigionieri, prima degli interrogatori da parte degli specialisti della Cia e dell’intelligence militare.


Il Generale Ricardo Sanchez, capo delle forze americane in Iraq, ha detto che comportamenti del genere sono inaccettabili, e quindi ha ordinato l’inchiesta che adesso ha colpito anche la collega Janis Karpinski, ex comandante della 800th Military Police Brigade. Lei rischia di chiudere qui la carriera, mentre i sei incriminati potrebbero finire in prigione. Abu Gharib era il più famigerato carcere di Saddam, in cui avvenivano le peggiori torture del vecchio regime. Era un simbolo della crudeltà del dittatore, e uno dei motivi per cui secondo Washington doveva esser abbattuto. Gli abusi documentati dalle foto trasmesse dalla Cbs non sono uguali alle violenze spietate commesse dai carcerieri dell’ex Raiss, ma secondo il colonnello dei Marines Bill Cowan, specialista negli interrogatori militari, rischiano di rovinare la reputazione delle forze di occupazione: “Siamo andati in Iraq per fermare cose del genere, e adesso stanno accadendo proprio sotto la nostra tutela. Prima o poi questi prigionieri usciranno dal carcere e racconteranno cosa hanno subito. I loro familiari e i loro amici lo verranno a sapere. E noi finiremo col pagare il prezzo di tutto questo.”

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