domenica 30 Giugno 2024

Iraq: un nuovo Vietnam

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Dopo gli scontri e le manifestazioni di Najaf, di Bagdad, di Bassora, di Nassiriya, che hanno provocato più di quaranta morti e 150 feriti fra gli iracheni e dieci morti e una trentina di feriti fra gli occidentali, dopo che i nostri carabinieri sono stati costretti a sparare su una folla in rivolta e a uccidere tredici civili, voglio vedere chi avrà il coraggio di sostenere che quella delle truppe americane e alleate in Irak è una «liberazione» e non un’occupazione e di negare che in quel Paese è in atto una guerra fra occupanti e resistenza popolare.

A ribellarsi in massa sono stati, questa volta, gli sciiti, cioè quella parte della popolazione irachena che, insieme ai curdi, più aveva subìto le violenze di Saddam. Ma evidentemente, pur se liberati dalla presenza del dittatore, gli sciiti sentono gli americani come occupanti. Anche perché tutti capiscono che questa storia della democrazia è una farsa.

Se si dovessero fare davvero elezioni regolari e libere in Irak gli sciiti, che sono il 65% della popolazione, le vincerebbero a redini basse e instaurerebbero una Repubblica teocratica, simile a quella iraniana, perché questo è il sentimento prevalente nella popolazione. Ma gli americani non lo possono tollerare.

Il nuovo governo di Bagdad, che dovrebbe «restituire l’Irak agli iracheni», sarà quindi un governo fantoccio in mano agli americani. Questo gli iracheni, sciiti o sunniti che siano, lo sanno benissimo. Col nuovo governo quindi la guerriglia non si fermerebbe, anzi si rafforzerebbe unendo, com’è già in parte ora, sciiti e sunniti nella lotta, in attesa di regolare i conti fra loro dopo aver cacciato l’invasore. E oggi nemmeno l’intervento dell’Onu, invocato dalle sinistre, risolverebbe nulla. Perché anche l’Onu è totalmente screditata. E a screditarla hanno provveduto proprio gli occidentali, prima aggredendo, senza l’autorizzazione delle Nazioni Unite e senza alcuna plausibile giustificazione, la Jugoslavia, poi aggredendo, sempre senza l’autorizzazione delle Nazioni Unite e sulla base di informazioni volutamente false, l’Irak.

La sola cosa da fare a questo punto, è che le truppe di occupazione si tolgano di mezzo al più presto. Ciò provocherà, con tutta probabilità, una guerra civile fra sciiti e sunniti, ma alla fine si avrà perlomeno una situazione stabile che rispecchi la realtà delle forze in campo e ciò che vuole la maggioranza della popolazione di quel Paese. Ostinarsi cocciutamente ad occupare l’Irak significa invece, come ha detto anche il sentore Ted Kennedy, infognarsi in un nuovo Vietnam.

E alla fine, come in Vietnam, ci sarebbe comunque il ritiro e il conseguente scontro, inevitabile dopo la cacciata di Saddam Hussein e la distruzione del vecchio, seppur feroce, equilibrio, fra sciiti e sunniti. E allora tanto vale anticipare i tempi in modo che il tributo di sangue non sia, com’è ora, sterile, del tutto inutile, senza futuro, senza senso e senza risultato.

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