mercoledì 13 Novembre 2024

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Il cinque stelle è roba di Em I five

 

Negli ultimi due mesi il “pulito” Movimento 5 Stelle ha slittato per la prima volta sul ghiaccio di un ammutinamento involontario, ed è balzato agli occhi degli talk show mediatici con il fuori onda del consigliere regionale dell’Emilia Romagna Giovanni Favia. Il succo della sfuriata ai microfoni spenti di Piazza Pulita, programma di La7, è stato “E’ inutile che mi intervistiate sul movimento, sulla democrazia dal basso, senza la buona parola di Casaleggio un grillino non va da nessuna parte”. Nonostante il passaggio dall’occhio del ciclone, il dubbio che la gente non abbia la minima idea di come si sbrogli il bandolo della matassa di questo episodio è grande. Gianroberto Casaleggio possiede dal 2004 con altri quattro collaboratori una società per azioni di comunicazione ed economia digitale con sede a Milano. Tramite tale società finanzia il magazine on line di Beppe Grillo: le parolacce, gli articoli, i riccioli grigi del Beppe sono l’emanazione del business di Casaleggio&Co: i ventriloqui del M5S. Il loro compito a detta del guru Casaleggio, esperto internazionale indiscusso della rivoluzione dei media, è divenire influencer:“On line il 90 per cento dei contenuti è creato dal 10 per cento degli utenti, queste persone sono gli influencer” . Tanto per capire il pluralismo delle informazioni, anche Marco Travaglio e Antonio Di Pietro, destabilizzanti di professione della prima repubblica, hanno casa editrice e sito curato dal Casaleggio. Uno di collaboratori della società, Enrico Sassoon, è dal 1998 amministratore delegato della American Chamber of Commerce in Italy, ovvero cura gli interessi delle multinazionali statunitensi nel nostro paese: Microsoft, Google, Mediaset Spa, banca IMB, banca Standard and Poor’s, Walt Disney, Coca Cola, eccetera. Tra i collaboratori italiani di questa rete troviamo Cesare Previti, presidente onorario RCS editori Spa. E nella redazione delle testate da lui gestite, come Affari Internazionali, hanno spiccato i nomi di Mario Monti e Tommaso Padoa Schioppa. Ma queste attività manageriali sono assai naturali per la famiglia Sassoon: la moglie co-gestisce con lui Global trends e il fratello Joseph ha Alphabet, entrambe aziende di comunicazione. Tra i clienti dei due troviamo Assicurazioni generali, la BBC, il gruppo Ferrero, Barilla, la Banca di Verona, la Camera di commercio, eccetera. Le relazioni economiche della famiglia sono ormai sotto gli occhi di tutti, motivo per cui Enrico si è auto allontanato dalla società alla fine di settembre per salvare il salvabile, tirando persino in ballo il razzismo verso la sua persona. Tre partner Casaleggio sono dirigenti della Webegg, un gruppo di consulenza delle aziende in rete controllato da Telecom Italia e altre aziende fuse che si occupa di e-business. Per la ricerca su social network e web marketing di tendenza, ovvero sul “fare le notizie”, la Casaleggio si avvale della collaborazione di partner statunitensi come ad esempio l’azienda The biving group. Tra i suoi clienti annovera colossi dall’etica discutibile come Monsanto, JP Morgan, Philip Morris, e la BP Amoco, un’industria petrolifera. La regia imposta è talmente scontata che Casaleggio ha paradossalmente fatto sottoscrivere ai candidati grillini nel 2008 l’obbligo di rilasciare nelle mani di Grillo i rimborsi elettorali del secondo referendum promosso, il V2. Questo nonostante Grillo sia nato con la polemica sui finanziamenti ai partiti: un gran rischio di svelare la propria natura di figurante, di burattino. E’solo uno dei motivi per cui ha perso per strada dei talenti della politica “contro la casta” come De Magistris e Sonia Alfano, quest’ultima colpevole di aver rifiutato la gestione del suo sito da parte di Casaleggio per la modica cifra di 1 milione di euro l’anno. La perdita di promesse continua tutt’oggi, e capita di essere epurati con un post sul blog, come è successo a marzo al consigliere di Ferrara Valentino Tavolazzi reo di avere incoraggiato la formazione di meeting grillini. Questi lati oscuri della gestione piramidale del movimento hanno il sopravvento perché il compito della base non è ideare l’azione politica, il suo compito è passare le notizie, e le notizie le “fanno” letteralmente al vertice. E’ questo il motivo per cui Grillo non manda i suoi militanti in televisione, e le iniziative personali sono annichilite: il dito si punta solo dove Grillo detta. E si pensi a questo ricordando i soggetti con cui tesse relazioni, ricordando che i poteri forti non vengono intaccati nel suo programma ma deliberatamente ignorati ed esorcizzati. Viene venduto con l’aspetto della democrazia liquida, con il “mandiamoli a casa tutti”, con il V day, un prodotto funzionale agli stessi poteri economici contro cui si scaglia, un prodotto che non prevede una rivoluzione della società ma solo passaggi di testimone al governo. Grillo e i partiti tradizionali sono una faccia della stessa medaglia: il globalismo e le multinazionali straniere che ammorbano il nostro Parlamento, che indirizzano i nostri voti su canali obbligati. E’ chiaro che il grillino sconosciuto della frazione di paese non ha nulla a che fare con questo vortice: i temi che Grillo ha portato in piazza, e con cui ha imbarcato gente in gamba e impegnata nel sociale, sono condivisibili e studiati dagli strateghi di marketing. Le 5 stelle sono acqua pubblica, trasporti, sviluppo, connettività e ambiente: ma cosa è la lotta per queste funzionalità marginali rispetto al cambiamento che apporterebbe lo sradicamento del capitalismo e il relativo individualismo, la fine della crisi finanziaria, la riacquisizione della sovranità nazionale, la dignità dell’uomo come fulcro dello Stato? Questa necessità di contro informazione portata avanti giustamente dal popolo di Grillo, questo impeto di giustizia sociale, andrebbero scagliati lontani da un pupazzo chiassoso che occupa da primo attore i vuoti temporali e culturali che siamo chiamati a vivere. Il palcoscenico deserto non va applaudito solo perché “meglio questo che niente”, perché “il M5S ti da i mezzi per battaglie giuste”: questo palcoscenico sociale oligarchico va distrutto ed un nuovo ordine ideato. Siamo quello che scegliamo di essere, e la prospettiva di essere robot con i pulsanti on e off, i disciplinati militanti di Beppe Grillo, è ingrata se confrontata a quello che geneticamente siamo in potenza: un popolo creatore.

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