domenica 1 Settembre 2024

Julius Evola 1934-1951

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Vita ed opera del filosofo tradizionalista nel periodo che va dalla stesura di “Rivolta contro il mondo moderno” a quella di “Gli uomini e le rovine”

1. La pubblicistica degli Anni ’30 e la Rivolta contro il mondo moderno.


Le esperienze pubblicistiche degli Anni ’20 e della prima metà dei ’30 fecero notare Evola da più parti. Iniziò così la sua collaborazione a numerose testate dell’epoca, prime fra tutte “La vita italiana”1 di Giovanni Preziosi e “Il regime fascista” di Roberto Farinacci. Sul quotidiano del ras di Cremona, esponente del fascismo intransigente e squadristico, Evola dispose dal 1934 di una speciale pagina culturale quindicinale, che prese il nome di “Diorama filosofico”2. Su quelle pagine, per dieci anni, si alternarono alcune delle firme più prestigiose del conservatorismo aristocratico europeo dell’epoca (sir Ch. Petrie, il principe Rohan, O. Spann, E. Dodsworth, F. Everling, W. Stapel, W. Heinrich); inoltre contribuirono esponenti di spicco del pensiero tradizionalista (R. Guénon, G. De Giorgio), studiosi dell’antichità (tra cui lo storico della romanità Fr. Altheim), scrittori di grande fama (G. Benn, P. Valéry) e buona parte degli ex-collaboratori de “La Torre”3. Evola ricorda l’esperienza del “Diorama filosofico” in questi termini: “Fu, questo, un tentativo unico nel suo genere nell’ambiente del tempo. Fu anche un appello la cui risposta, nell’insieme, doveva però essere negativa”4. La causa di ciò, sempre secondo Evola, fu che “nel campo della cultura in senso proprio la “rivoluzione” fu uno scherzo. Per poter rappresentare la “cultura fascista” l’essenziale era essere iscritti al partito e tributare un omaggio formale e conformistico al Duce. Il resto, era più o meno indifferente”5. In un simile squallido panorama le pretese aristocratiche e tradizionali di Evola e del suo gruppo di collaboratori dovevano andare per necessità frustrate.


Dopo aver collaborato all’Enciclopedia Italiana sul finire degli Anni ’206, nei tredici anni successivi l’attività pubblicistica di Evola si fece ancora più intensa. Vanno ricordati anche, tra gli altri, i numerosi scritti per “Il corriere padano” (quotidiano di Ferrara), “Bibliografia fascista”7, “Augustea”, “Lo Stato”8, “La rivista del C.A.I.”9 e, dal 1939, “La difesa della razza”. Il suo pensiero andava in quegli anni facendosi sempre più radicalmente tradizionalista. Nel 1934 usciva quello che da molti è considerato il suo libro più importante e significativo, Rivolta contro il mondo moderno10, in cui esponeva una vera e propria visione metafisica della storia e della civiltà; si interessava inoltre di varî altri temi, come in Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo, del 1932, ne Il mistero del Graal e la tradizione ghibellina dell’impero11, del 1937, e ne Il mito del sangue12, dello stesso anno.


Prima che l’argomento iniziasse a divenire una moda culturale a seguito dell’emanazione delle famose “leggi razziali” del 1938 (tema in quegli anni spesso affrontato senza la debita preparazione), Evola si occupò dello studio delle razze umane, formulando una singolare dottrina razziale incentrata sull’elemento spirituale. Partendo dalla tripartizione tradizionale dell’uomo in corpo, anima e spirito, egli evidenziava l’esistenza di altrettante razze, corrispondenti ai tre diversi livelli. In tale visione si possono di conseguenza delineare, gerarchicamente ordinati, un razzismo del corpo, uno dell’anima e uno dello spirito. Va in ogni caso precisato, con Adriano Romualdi, che “avrebbe

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