venerdì 19 Luglio 2024

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Atene propone a Roma di far fronte comune verso la UE per porre freno alle invasioni dal mare

Una concreta assunzione di responsabilità da parte dell’Unione europea in materia di immigrazione illegale e un riconoscimento della costa nord del Mediterraneo, meta di decine di migliaia di disperati, come frontiera di tutta l’Europa e non solo dei paesi rivieraschi. Su questi punti Italia e Grecia faranno fronte comune al Consiglio dei ministri degli Interni e della Giustizia dell’Ue, in programma per il 5 giugno a Bruxelles. Atene e Roma “hanno problematiche comuni in materia di immigrazione e una comune volontà di far diventare questa tematica sempre più comunitaria, perché non è giusto che siano solo alcuni paesi a dover affrontare un problema di dimensioni bibliche”. Dopo due giorni di incontri con le autorità greche ad Atene e a Samos, Margherita Boniver (Pdl), presidente del Comitato parlamentare Shengen, porta a casa “un accordo immediato su questo punto politico”. Qualche segnale positivo sembra arrivare anche da Bruxelles. “In un incontro che ho avuto lunedì con il commissario alla Giustizia, Libertà e Sicurezza Jacques Barrot è emersa la possibilità di nominare nel prossimo esecutivo Ue un commissario per l’Immigrazione”, ha spiegato la Boniver. La Grecia, come l’Italia, si è trasformata negli ultimi anni da paese di emigranti a meta di flussi sempre crescenti. Su circa 11 milioni di abitanti, conta circa un milione di immigrati regolari. Un altro milione – stimato – di irregolari porta quasi al 20 per cento la presenza di cittadini non Ue nel paese, rispetto al totale della popolazione. Il fenomeno riguarda soprattutto i cittadini dell’Est Europa e delle ex repubbliche sovietiche, ma il problema degli arrivi via mare di cittadini afghani, pakistani, iracheni, iraniani e africani diventa sempre più allarmante, vista la natura delle coste greche “forse più ingestibili di quelle italiane”. “A Samos – ha rilevato la Boniver, alla guida di una delegazione del Comitato Shengen in visita ieri e oggi in Grecia – c’è una situazione paradossale, con gli immigrati che arrivano praticamente a nuoto, visto che le coste turche distano meno di un chilometro”.

Uno dei tanti paradisi greci del turismo, Samos è diventata negli ultimi anni approdo di disperati in arrivo da Asia, Medio Oriente e Africa. Nel 2008 si sono registrati novemila arrivi di clandestini, di cui il 60 per cento proveniente dall’Afghanistan. “Sono sommersi”, osserva la Boniver, notando che la forte presenza di cittadini africani “testimonia che esistono rotte organizzate da criminali”. Sull’isola sorge un centro di raccolta temporanea, quattromila metri quadri isolati da un doppio muro di rete e filo spinato, che attualmente ospita 130 immigrati, ma che può arrivare a contenerne circa 280. In estate, quando gli arrivi si intensificano, arriva ad accoglierne anche 800. I suoi cinque blocchi di container ospitano uomini, donne con i loro bambini, minori non accompagnati. “Sono qui da 45 giorni, arrivo da Jalalabad”, racconta uno dei ragazzini afghani ospitati in una stanzetta da dieci, arredata con letti a castello. “Sono arrivato in barca dalla Turchia, senza i miei genitori”, dice. Probabilmente sarà presto trasferito in un altro centro destinato ai minori. Insieme alla parlamentare del Pdl, sono volati in Grecia per un confronto sul tema complesso e pieno di sfaccettature dell’immigrazione, i senatori Diana De Feo (Pdl) e Mauro Del Vecchio (Pd) e l’onorevole Ivano Strizzolo (Pd), vicepresidente del Comitato Shengen. Ad Atene hanno incontrato rappresentanti dei ministeri degli Esteri e degli Interni e la commissione parlamentare Pubblica Amministrazione, Ordine pubblico e Giustizia. A Samos la delegazione ha avuto modo di verificare l’operatività della missione Poseidon 2009, cui partecipa la Guardia costiera italiana. Organizzata nell’ambito di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere marittime, l’operazione ha preso il via il 27 aprile e proseguirà fino al 4 ottobre. La motovedetta italiana impegnata a Samos controlla la parte dell’isola più vicina alla Turchia.”Quando individuiamo un’imbarcazione la accostiamo e facciamo salire a bordo le persone che ospita, in genere troppe per le dimensioni ridotte della loro barca – ha spiegato il maresciallo Salvatore di Vincenzo – Quindi li portiamo sulla terraferma e li consegniamo alle autorità greche”, che con il supporto di personale europeo e di madrelingua araba si occupa dell’identificazione e dei primi accertamenti sui migranti. “Tutte le autorità che abbiamo incontrato hanno molto lamentato la scarsa collaborazione della Turchia – ha spiegato la Boniver – Su 26mila immigrati arrivati negli ultimi anni a Samos, solo quattromila sono stati riammessi”. Ankara riammette solo i cittadini di paesi come Iraq, Iran, Siria e Georgia, con cui ha, a sua volta, accordi di rimpatrio. Agli altri, dopo una permanenza di circa 30 giorni, è consegnato un foglio di via, con il quale raggiungono prima Atene e poi Patrasso. Da qui, spesso, si imbarcano clandestinamente per altre destinazioni europee, tra cui l’Italia. Organizzazioni internazionali come l’Unhcr chiedono ai paesi di arrivo di non rispedirli in Grecia, il paese europeo di primo approdo, come invece prevede la Convenzione di Dublino. Atene, infatti, ha una disciplina dello status di rifugiato inferiore agli obiettivi di tutela previsti dalle norme internazionali. Meno dell’un per cento dei richiedenti ottiene l’asilo, contro il 50 per cento circa dell’Italia. “La Grecia si appella all’Europa, come facciamo noi in Italia – ha affermato la Boniver – Ma finora l’Ue è stata troppo timida rispetto a questo problema”. Per la parlamentare “i pattugliamenti misti sono necessari e utili, ma fino a un certo punto, perché contrastare una barchetta carica di immigrati è pericolosissimo. Ci sono stati fin troppi morti finora, il Mediterraneo è diventato la tomba di migliaia e migliaia di persone”. Quella greca è per il Comitato Shengen la seconda tappa all’estero dopo quella in Spagna (Madrid e Melilla) di febbraio. Tra le prossime destinazioni, Malta e Cipro, per un confronto con le autorità locali, prima di sottoporre al governo un documento che aiuti a definire una strategia completa di coordinamento euromediterraneo.

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