Colto in pieno l’elemento acceleratore per imporre la sterzata voluta dalle banche contro il risparmio.
Inutile prendersela con la moneta forte: è in gioco una questione di civiltà dell’economia.
PARIGI – Più tasse, meno lavoro, aumento dei prezzi: le buste paga dei francesi continuano ad alleggerirsi e per il futuro le previsioni non sono più rosee. Statistiche e sondaggi danno ragione al sentimento di scontento che pesa sui portafogli: negli ultimi sette anni, soltanto per stare al passo con l’inflazione, i salari sarebbero dovuti aumentare del 6,25 per cento, un aumento che nella maggior parte dei casi è rimasto un traguardo lontano e forse irraggiungibile.
In cima alla triste hit parade dei meno pagati svettano metalmeccanici e dipendenti dell’industria alberghiera, che alla fine del mese prendono in media, rispettivamente, 1166 e 1024 euro, poco di più di un portiere, che con 991 euro netti al mese ha il record dello stipendio più esiguo, pur con un aumento negli ultimi anni di oltre il 15 per cento. Se la passano male gli infermieri (sempre più spesso in sciopero) che si attestano a 1830 euro al mese, con una perdita di potere di acquisto negli ultimi due anni di oltre due punti. In rosso anche gli operai edili: con uno stipendio medio di 1143 euro al mese, a malapena tengono il passo con l’inflazione. La busta paga che più di tutti ha subito il contraccolpo della riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore e dell’avvento devastatore dell’euro è stata quella dei dirigenti della grande distribuzione: stipendio netto mensile di 3800 euro al mese, con una perdita di potere d’acquisto in cinque anni dell’11,5 per cento. Nemmeno tra le file dell’imponente esercito dei cinque milioni di dipendenti statali si naviga nell’oro: in media gli stipendi sono aumentati del 2 per cento in meno rispetto all’inflazione. Hanno perso la baldanza degli anni Novanta i “colletti bianchi”: secondo un recente studio, il 43 per cento di manager e dirigenti hanno sensibilmente perso potere d’acquisto e status sociale negli ultimi due anni, anche includendo “bonus” e “premi produzione”. Le ragioni invocate per spiegare l’innegabile generale impoverimento dei francesi sono diverse: aumento dei prelievi fiscali (3 per cento in più delle tasse locali, due per cento in più di previdenza sociale), blocco dei salari, le 35 ore, il passaggio all’euro. Secondo una recente inchiesta, dopo l’euro un pacchetto di riso è aumentato del 294 per cento, una bottiglia d’olio del 66 per cento e un pacco di pannolini dell’83: nessuna sorpresa dunque che i salari fatichino a tenere il passo con lo scontrino del supermercato. Non tutti i francesi, tuttavia, piangono povertà. Sono soddisfatti i “boulanger”, i fornai, che con 1220 euro netti al mese hanno beneficiato di un aumento del 14, 3 per cento in cinque anni (di pari passo con la tradizionale baguette, che grazie all’euro è aumentata in media del 50 per cento).
E per non smentire il vecchio adagio, i ricchi diventano sempre più ricchi. Gli amministratori delegati delle grandi aziende hanno aggiunto altri zeri ai loro compensi, con un aumento medio in un anno del 6,8 per cento e “stipendi” mensili che vanno dai 12 mila ai 100 mila euro al mese. Col vento in poppa anche i notai (12800 euro mensili lordi) e i maghi della chirurgia estetica, 10700 euro al mese.
Colto in pieno l’elemento acceleratore per imporre la sterzata voluta dalle banche contro il risparmio.