Filippo Tommaso Marinetti, promotore e ispiratore del Futurismo, volontario in due guerre mondiali, tra i fondatori degli Arditi, grandissimo uomo d’arte, azione e pensiero: «L’arte è per noi inseparabile dalla vita. Diventa arte-azione e come tale è sola capace di forza profetica e divinatrice.»
Filippo Tommaso Marinetti, nasce ad Alessandria d’Egitto il 22 dicembre 1876, secondogenito dell’avvocato civilista Enrico Marinetti e di Amalia Grolli.
Alcuni anni dopo, la famiglia torna in Italia e si stabilisce a Milano. Fin da giovanissimi i fratelli Marinetti manifestano uno smisurato amore per le lettere, ed un temperamento esuberante.
Nel 1894 Marinetti consegue il baccalaureato a Parigi e si iscrive alla facoltà di Legge di Pavia già frequentata dal fratello maggiore Leone, che morirà nel 1897 a soli 22 anni a causa di complicazioni cardiache. Trasferitosi all’ateneo di Genova un anno prima della laurea, che conseguirà nel 1899, collabora all’Anthologie revue de France et d’Italie, e vince il concorso parigino dei Samedis populaires con il poemetto La vieux marins.
Nel 1902 viene pubblicato il suo primo libro in versi La conquete des étoiles nel quale già si scorgono i primi versi sciolti e quelle figure che caratterizzeranno la letteratura futurista.
Vicino all’area politica socialista non vi aderisce mai a pieno per via delle sue idee nazionaliste, e nonostante la pubblicazione sull’Avanti del suo Re Baldoria, riflessione politico satirica.
Nel 1905 fonda la rivista Poesia, tramite la quale inizia la sua battaglia per l’affermazione del verso libero, per il quale dapprima incontra un’ostilità diffusa. Il 20 febbraio del 1909 pubblica su Le Figaro’ il manifesto del Futurismo, fondato su undici punti che conglobano tutte le arti, il costume e la politica, facendo del futurismo l’unica avanguardia poliedrica. Il futurismo dichiara Marinetti: “E’ un movimento anticulturale, antifilosofico, di idee, di intuiti, di istinti, di schiaffi, pugni purificatori e velocizzatori. I futuristi combattono la prudenza diplomatica, il tradizionalismo, il neutralismo, i musei, il culto del libro.”
La rivista Poesia viene soppressa pochi mesi dopo perché considerata sorpassata dallo stesso Marinetti, il quale conclude la sua pubblicazione facendo apparire sull’ultimo numero il poema futurista Uccidiamo il chiaro di luna, atto d’accusa all’arcaico sentimentalismo dominante nella poesia italiana, e vero e proprio inno alla follia creativa.
Da principio, oltre ai frizzanti e provocatori Manifesti, le serate a teatro sono la principale cassa di risonanza del futurismo, il pubblico composto da aristocratici, borghesi e proletari, viene provocato con abilità e maestria e spesso le serate futuriste si concludono con l’intervento delle forze dell’ordine.
Nel 1911 allo scoppio del conflitto in Libia, Marinetti, vi si reca come corrispondente per il giornale parigino L’intransigeant, e sui campi di battaglia trova l’ispirazione che consacrerà definitivamente le parole in libertà.
Nel 1913, mentre in Italia sempre più artisti aderiscono al futurismo, Marinetti