sabato 27 Luglio 2024

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Un altro italiano vittima dell’uranio impoverito. é la ventisettesima vittima! Si va a combattere per difendere interessi altrui e in più si muore per motivi assurdi. Ma quando saranno puniti i colpevoli?

La ventisettesima vittima italiana dell’uranio impoverito, ha fatto della sua malattia una bandiera. Fino a ieri, ultimo giorno della sua vita. Luca Sepe, 28 anni, aveva deciso di dedicare il tempo che gli restava da vivere per denunciare all’opinione pubblica gli effetti devastanti di quelle munizioni. È durata tre anni la «guerra di Luca» contro il linfoma di Hodgkin che lo colpì inesorabilmente durante l’ultima missione nei Balcani, a Sarajevo nel 2001, e contro il muro di gomma che si è alzato quando esplose questa vicenda fonte di tante polemiche. Ma nel dramma di questo ragazzo napoletano che ha smesso di lottare in una stanzetta dell’ospedale Cardarelli dove era ricoverato dal 28 maggio scorso, c’è un rosario infinito di umiliazioni. Secondo l’Osservatorio per la tutela delle Forze Armate, sarebbero 267 i militari gravemente ammalati e 27 le vittime da quando morì Salvatore Vacca caporalmaggiore della Brigata Sassari, che fu il primo dei nostri militari a morire per una patologia neoplastica al rientro da una missione in Bosnia. Era il 9 settembre 1999. Da quel giorno il caso dell’uranio impoverito è deflagrato a livello mondiale, partendo proprio da quelle prime denunce italiane che obbligarono la Nato ad ammettere l’uso dei proiettili e a fornire le mappe dei colpi esplosi. Si scoprì così che soprattutto in Bosnia (ma anche in Kosovo) i militari italiani, mandati a lungo allo sbaraglio senza precauzioni di alcun genere, sovrintendevano oltre la metà della superficie totale in cui gli A10 hanno sparato i famigerati colpi. Sepe aveva affrontato il male a testa alta e solo dopo alcune sue apparizioni in televisione fu convocato dalla contestatissima commissione creata dal ministro dell’epoca (Mattarella) e affidata all’ematologo Mandelli, che neppure aveva censito il suo caso. Luca, che volle partecipare ai funerali delle vittime di Nassiriya e aveva deciso che un giorno si sarebbe comunque sposato in divisa, perse recentemente anche il figlio che la sua compagna aveva in grembo: si trattò di un aborto spontaneo, ma le ecografie accertarono che il bimbo aveva gravi malformazioni. «Sono almeno 9 i militari italiani venuti operativamente a contatto con quel tipo di munizioni che hanno avuto figli malformati, così come tumori e malformazioni si registrano con frequenza impressionante tra le popolazioni civili dei teatri di guerra», denuncia Domenico Leggiero dell’Osservatorio Militare, mentre da sinistra si sollecita l’istituzione di una commissione d’inchiesta: quella d’indagine che nel 2000 fu istituita alla Camera per volontà di Valdo Spini non si è mai riunita. Recentissima anche l’ultima polemica sull’uso di queste munizioni: il relatore del decreto sulla missione militare in Irak, Roberto Lavagnini, ha detto che sulla vicenda «molti politici hanno creato delle psicosi di massa nella gente». Edy Ballaman, questore della Camera, gli ha risposto di essere «felice di per aver rotto quel muro di omertà che Lavagnini vuole invece ricomporre». Il giorno dopo è morto Sepe.

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