Insieme ai russi sono gli agenti di sovversione in Europa
La situazione del Kosovo del nord rimane tesa. Le proteste della minoranza serba davanti ai municipi di Zvecan, Leposavic e Zubin Potok continuano, anche se non paragonabili alle manifestazioni esplose in violenza dell’ultima settimana. E mentre la diplomazia cerca di trovare una via per fermare ogni possibile escalation, dialogando tanto con Belgrado quanto con Pristina, la Nato lavora per gestire la tensione e mantenere l’ordine insieme alle forze di polizia kosovare.
Un lavoro complesso, in cui l’Alleanza Atlantica, oltre a impiegare i già presenti militari dei vari contingenti dei singoli Paesi membri, ha anche chiesto agli altri Stati di fare qualcosa in più. Tra questi, tra i primi a rispondere all’appello atlantico è stata la Turchia. Come scritto dal ministero della Difesa, Ankara ha infatti deciso di inviare un commando del 65esimo Comando Brigata Fanteria Meccanizzata come “forza di riserva”. I militari turchi dovrebbero arrivare in queste ore nella base “Sultan Murat” a Prizren, nella parte sudoccidentale del Kosovo. La base è lontana dall’area delle tensioni, ma per Ankara a questo punto è fondamentale lanciare un messaggio di presenza in un Paese dove non ha mai dimenticato di avere legami ramificati e profondi.
Lo conferma del resto lo stesso comunicato del ministero turco, che parlando delle tensioni che hanno coinvolto i comuni a maggioranza serba, ha invocato la moderazione di tutte le parti “nell’amichevole e fraterna parte settentrionale del Kosovo”. Parole non casuali, che vogliono lanciare un segnale di vicinanza molto chiaro con Pristina e con la popolazione locale e che confermano anche l’interesse della Turchia per un’area, quella balcanica, che solo apparentemente è uscita dall’agenda di Recep Tayyip Erdogan. Se infatti è vero che il governo turco, negli ultimi anni, ha orientato la propria attenzione su altri settori – dalla Siria alla Libia, passando per il Mediterraneo orientale e il Mar Nero – questo non significa che Ankara abbia dimenticato la partita balcanica: un’area su cui si proiettano sogni neo-ottomani ma anche rotte per arrivare nel cuore dell’Europa e blindare i propri interessi.
Grazie al passato imperiale, alla comunanza di fede e alla penetrazione economica e politica, la Turchia si è ritagliata uno spazio centrale nei Balcani. E in tutto questo, un ruolo lo ha avuto anche l’appartenenza di Ankara alla Nato, dal momento che la sfida del blocco occidentale in questo settore dell’Europa è anche nei confronti della Russia e, in parte minore, della Cina. Negli anni in cui l’Unione europea ha sottovalutato il nodo balcanico, la Turchia si è così mossa in modo da radicarsi su diversi livelli. E ora che la Nato, attraverso Kfor, ha bisogno di gestire in modo più ampio le tensioni in Kosovo, il supporto turco può rivelarsi importante anche sul piano militare, ma anche un’ulteriore prova di un riavvicinamento tra Erdogan e l’Alleanza Atlantica nel momento in cui il presidente, appena rieletto, cerca di riequilibrare relazioni che nel tempo sono apparse corrose dalla politica ambivalente del “Sultano”.