lunedì 4 Novembre 2024

“+Un impero di 400 milioni di uomini: l’Europa”+

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L’introduzione alla nuova edizione del celebre testo di Jean Thiriart, in preparazione presso le Edizioni Controcorrente. Vita ed opera del padre nobile dell’europeismo nazionalrivoluzionario.

L’ultimo ricordo che ho di Jean Thiriart è una lettera che mi scrisse alcuni mesi prima di morire: mi chiedeva di indicargli una località isolata sugli Appennini, dove potersi accampare un paio di settimane per fare qualche escursione sui monti. Quasi settantenne, era ancora pieno di vitalità: non si lanciava più col paracadute, però navigava con la barca a vela sul Mare del Nord.


Negli anni Sessanta, in qualità di giovanissimo militante della Giovane Europa, l’organizzazione da lui diretta, ebbi modo di vederlo diverse volte. Lo conobbi a Parma, nel 1964, accanto a un monumento che colpì in maniera particolare la sua sensibilità di “eurafricano”: quello di Vittorio Bottego, l’esploratore del corso del Giuba. Poi lo incontrai in occasione di alcune riunioni della Giovane Europa e in un campeggio sulle Alpi. Nel 1967, alla vigilia dell’aggressione sionista contro l’Egitto e la Siria, fui presente a un’affollata conferenza che egli tenne in una sala di Bologna, dove spiegò perché l’Europa doveva schierarsi a fianco del mondo arabo e contro l’entità sionista. Nel 1968, a Ferrara, partecipai a un convegno di dirigenti della Giovane Europa, nel corso del quale Thiriart sviluppò a tutto campo la linea antimperialista: “Qui in Europa, la sola leva antiamericana è e resterà un nazionalismo europeo ‘di sinistra’ (…) Quello che voglio dire è che all’Europa sarà necessario un nazionalismo di carattere popolare (…) Un nazionalcomunismo europeo avrebbe sollevato un’ondata enorme di entusiasmo. (…) Guevara ha detto che sono necessari molti Vietnam; e aveva ragione. Bisogna trasformare la Palestina in un nuovo Vietnam”. Fu l’ultimo suo discorso che ebbi modo di ascoltare.


Jean-François Thiriart era nato a Bruxelles il 22 marzo 1922 da una famiglia di cultura liberale originaria di Liegi. In gioventù militò attivamente nella Jeune Garde Socialiste Unifiée e nell’Union Socialiste Anti-Fasciste. Per un certo periodo collaborò col professor Kessamier, presidente della società filosofica Fichte Bund, una filiazione del movimento nazionalbolscevico amburghese; poi, assieme ad altri elementi dell’estrema sinistra favorevoli ad un’alleanza del Belgio col Reich nazionalsocialista, aderì all’associazione degli Amis du Grand Reich Allemand. Per questa scelta, nel 1943 fu condannato a morte dai collaboratori belgi degli Angloamericani: la radio inglese inserì il suo nome nella lista di proscrizione che venne comunicata ai résistants con le istruzioni per l’uso. Dopo la “Liberazione”, nei suoi confronti fu applicato un articolo del Codice Penale belga opportunamente rielaborato a Londra nel 1942 dalle marionette belghe degli Atlantici. Trascorse alcuni anni in carcere e, quando uscì, il giudice lo privò del diritto di scrivere.


Nel 1960, all’epoca della decolonizzazione del Congo, Thiriart partecipa alla fondazione del Comité d’Action et de Défense des Belges d’Afrique, che di lì a poco diventa il Mouvement d’Action Civique. In veste di rappresentante di questo organismo, il 4 marzo 1962 Thiriart incontra a Venezia gli esponenti di altri gruppi politici europei; ne esce una dichiarazione comune, in cui i presenti si impegnano a dar vita a “un Partito Nazionale Europeo, centrato sull’idea dell’unità europea, che non accetti la satellizzaz

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