giovedì 18 Luglio 2024

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Quando il ruolo degli agenti Cia è troppo palese li spacciano per transfughi. Ma sono ligi alla linea dell’Agenzia e alla sua natura

America Latina, anni Settanta. Il subcontinente è attraversato da guerre civili, attentati, golpe e stragi di Stato. Sono gli anni delle dittature militari e delle guerre per procura tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Sono gli anni dell’operazione Condor.
Dei tanti 007 di cui Washington disponeva all’epoca tra Mesoamerica, Caraibi e cono sud, Philip Agee era sicuramente uno dei più bravi. Così bravo che sarebbe prima riuscito a nascondere per anni la sua doppia vita, di agente cubano, e poi a sopravvivere alla caccia all’uomo globale lanciatagli contro dalla Central Intelligence Agency.

L’entrata nell’Agenzia
Philip Burnett Franklin Agee nasce a Takoma Park, un piccolo sobborgo a metà tra Maryland e Washington, il 19 gennaio 1935. In tenera età si trasferisce a Tampa, in Florida, dove trascorre gli anni dell’adolescenza e della formazione, rigorosamente privata e cattolica.
Nel 1957, un anno dopo essersi laureato con lode presso l’Università di Notre Dame, Agee entra nell’Aviazione militare degli Stati Uniti. L’esperienza dura tre anni, fino al 1960, portandolo tra le braccia della Central Intelligence Agency. I reclutatori del principale servizio segreto degli Stati Uniti lo notano: è sveglio, impara in fretta, è molto interessato all’America Latina, che, all’epoca, è uno dei teatri-chiave della Guerra fredda.
Nel 1960, terminato il servizio nell’Aviazione, Agee entra nella Central Intelligence Agency nelle vesti di case officer. L’inizio di un lungo viaggio, degno di un romanzo di Tom Clancy, che negli anni lo avrebbe condotto a Quito, Montevideo, Città del Messico e, infine, a rivoltarsi contro l’Agenzia.

L’uomo di Langley in Latinoamerica
Latinoamerica, 1960. La Guerra fredda inizia a farsi sentire nel subcontinente, dove è appena stato instaurato un regime comunista in quel di Cuba, e Agee viene inviato in missione nel cono sud con un obiettivo: spingere i governi della regione a schierarsi apertamente dalla parte degli Stati Uniti.
La prima tappa del lungo tour di Agee, che è tutto il contrario dello stereotipo del “giovane e inesperto”, è l’Ecuador. Paese che l’agente di Langley, come dichiarato nelle memorie che pubblicherà negli anni successivi, riuscirà a piegare alla volontà di  Washington attraverso l’acquisto di politici a colpi di mazzette, la diffusione di propaganda nera, la costruzione di tagliole utili a ricattare le vittime e ricorrendo in casi estremi, quando davanti a degli incorruttibili, all’intimidazione.

Condor, obiettivo Latinoamerica
Terminata (con successo) la missione ecuadoregna, durata fino al 1964, Agee viene trasferito in Uruguay. Nel paese l’aria è tesa, mancano pochi anni all’instaurazione della dittatura militare, e all’agente vengono assegnati diversi compiti: stringere relazioni coi dirigenti della polizia e dell’esercito, stilare elenchi di comunisti dichiarati e presunti, realizzare una fotografia ad alta definizione della società, installare cimici in alcune ambasciate di Montevideo – come quella emiratina.
Verso la seconda metà degli anni Sessanta, mentre è in servizio a Città del Messico, Agee inizia a sentirsi a disagio. Non prova più adrenalina nel piazzare microspie, nel ricattare politici e nell’assistere alle torture dei comunisti. Inizia a frequentare le chiese messicane, a pregare, a riflettere sui peccati che commette quotidianamente. Inizia a pensare che forse dovrebbe lasciare l’Agenzia. E nel 1968, dopo aver assistito a una strage di civili, deciderà di fare un salto nel buio.

On the run
Messico, 1968. Agee è nel Paese per monitorare il sottobosco di estrema sinistra che minaccia la stabilità della colonna portante dell’America centrale. Lavora a stretto contatto con politici e militari, spia gli oppositori del Partito Rivoluzionario Istituzionale e ha un importante ruolo di coordinamento nella “Guerra sporca” del governo contro la galassia comunista.
Il 1968 è l’anno della rottura. Per il Messico e per Agee. Dopo essere stato testimone del massacro di Tlatelolco, una strage di civili compiuta dalle forze armate – oltre trecento morti, più di duemila feriti –, Agee decide che è il momento di passare dall’altra parte: il Secondo Mondo. Ne va della salvezza della sua anima, che considera sporca e bisognosa di redenzione.
È il più bravo dell’Agenzia, una persona al di sopra di ogni sospetto, ed è convinto di poterla fare franca. Nel dopo-Tlatelolco si mette alla ricerca dei suoi nemici, sovietici e cubani, ma, stavolta, per offrirgli informazioni su ciò che fanno gli Stati Uniti in Latinoamerica. Convincerli delle sue buone intenzioni, però, non sarà facile.
Dopo essere stato rifiutato dai sovietici, che pensano ad una trappola, Agee contatta i cubani. Gli spiega di essere un peccatore alla ricerca di redenzione, che non è comunista, ma cattolico, e che vuole rimediare agli errori del passato. Li convince. È l’inizio di una collaborazione destinata a durare per il resto della sua vita.
Milioni di persone in tutto il mondo erano state uccise o le loro vite erano distrutte dalla Cia. Non potevo stare semplicemente seduto e non fare nulla.

Philip Agee
Nel 1975 lavora ormai da circa un decennio per i cubani, che a loro volta passano le informazioni ricevute ai sovietici, e risiede a Londra. Nessuno nell’Agenzia sospetta nulla. Nessuno. Fino a quando, quell’anno, il mercato editoriale britannico non viene travolto inaspettatamente dalla sua biografia, Inside the Company, che si rivela il best seller dell’anno.
Accusato di aver provocato la morte di alcuni agenti sotto copertura del MI6 e della Cia, avendone svelato l’identità nelle sue memorie, Agee viene espulso dal Regno Unito nel 1977. La destinazione sono gli Stati Uniti, ma, forte di un nutrito seguito popolare e dell’attenzione mediatica, Agee riesce a evitare la deportazione.
Agee trascorre la seconda parte degli anni Settanta nei tribunali europei, dai quali viene invitato per parlare delle attività dell’Agenzia in Europa occidentale, e a scrivere articoli e libri. Tra il 1978 e il 1979, biennio della pubblicazione dei monumentali Dirty Work: The CIA in Western Europe e Dirty Work: The CIA in Africa, rivela l’identità di due circa duemila colleghi.

Graham Fuller, il vero Jack Ryan
1979. Washington esige l’estradizione di Agee, aumentando le pressioni sui governi dell’Europa occidentale che fino a quel momento lo hanno lasciato in libertà, avvalendosi delle sue conoscenze per scoprire se la Cia avesse condotto operazioni ai loro danni. Gli viene revocato il passaporto, sempre più paesi gli impediscono l’ingresso. L’arresto è alle porte. È il momento di scappare.
Nel 1980 i migliori 007 di Langley sono sulle tracce del traditore e l’Europa non è più un luogo sicuro. Agee, che ha passato una vita sotto copertura, fingendo di essere qualcun altro, riesce a evitare la cattura attraversando l’Atlantico. Un’odissea di cui racconterà i dettagli in un best seller nel 1987, intitolato On the run, scritto nella sua residenza di L’Avana. La città dove vivrà e che lo proteggerà fino alla morte, avvenuta il 7 gennaio 2008.

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