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La Cina va avanti veloce sulla strada per diventare leader globale in un’ampia gamma di settori, tra cui l’intelligenza artificiale (AI), il wireless 5G e il calcolo quantistico. Con questo traguardo in mente, Pechino ha creato il più grande fondo di investimento statale per i semiconduttori. Una mossa che sottolinea la volontà del presidente cinese Xi Jinping di vincere la guerra tecnologica contro gli Usa e, quindi, rafforzare la posizione della Cina come superpotenza tecnologica.

Obiettivi del Big fund
Il nuovo fondo non è solo una mossa difensiva per contrastare le sanzioni occidentali, ma fa anche parte delle ambizioni del presidente cinese Xi, che da tempo vuole fare della Cina un leader mondiale della tecnologia.
Secondo le informazioni pubblicate da un’agenzia governativa, il Grande Fondo”, così come è stato battezzato, del valore di 47,5 miliardi di dollari, vede la partecipazione di sei delle maggiori banche statali del Paese, tra cui ICBC e China Construction Bank.
La prima fase del fondo è stata istituita nel 2014 con investimenti per 138,7 miliardi di yuan (19,2 miliardi di dollari). Nuovi capitali sono stati pompati cinque anni dopo, con un capitale registrato di 204,1 miliardi di yuan (28,2 miliardi di dollari).
Gli investimenti mirano a portare l’industria dei semiconduttori del Paese agli standard internazionali entro il 2030 e saranno destinati principalmente alla produzione di chip, alla progettazione, alle attrezzature e ai materiali, come ha dichiarato il Ministero dell’Industria e della Tecnologia dell’Informazione al momento del lancio della prima fase nel 2014.

Ostacoli in vista
C’è da dire che, in questi anni, la strada che Pechino ha imboccato per affermarsi come leader nel settore tecnologico non è stata priva di ostacoli. Nel 2022, l’organo di controllo anti-frode del Paese ha lanciato un giro di vite sull’industria dei semiconduttori, indagando su alcune delle figure di spicco delle aziende statali di chip. In questo filone di indagini, Lu Jun, ex amministratore delegato di Sino IC Capital, che gestiva il “Grande Fondo”, è stato indagato e incriminato per corruzione a marzo.
Questi scandali non sono gli unici ostacoli che rischiano di minare le ambizioni di Xi di portare la Cina all’autosufficienza tecnologica. C’è poi la guerra aperta con gli Stati Uniti nella dominio tecnologico. Gli Stati Uniti hanno già imposto restrizioni su alcune esportazioni di tecnologia verso la Cina, ad esempio tramite il CHIPS and Science Act nell’ottobre 2022, nato con l’intento di impedire l’accesso del Paese a sofisticati strumenti per la produzione di chip.
L’amministrazione Biden aveva, in quell’occasione, fatto pressione sui suoi alleati, tra cui Paesi Bassi e Giappone, affinché adottassero le proprie restrizioni. L’anno scorso Pechino ha risposto imponendo controlli sulle esportazioni di due materie prime strategiche, fondamentali per l’industria mondiale dei chip.
Ma in un incontro recente con il primo ministro olandese Mark Rutte a marzo, Xi è stato chiaro: “nessuna forza può fermare lo sviluppo scientifico e tecnologico della Cina”.

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