martedì 10 Settembre 2024

Antropologie di sfondo al to badogliate

Non solo nel 1943. Gli uomini si dividono per la loro natura e le cose si ripetono sempre

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Ottantuno anni fa il famigerato 8 settembre non fu che la data più eclatante di una vergogna iniziata a dir poco dal 25 luglio precedente, ma dobbiamo tener conto dei ripetuti tradimenti in Supermarina e nella macchina bellica fin dal 1940.

Quella vergogna nazionale che ci ha condannati alla derisione mondiale e ci fa passare per un popolo di vigliacchi e di voltagabbana benché, parole dei generali nemici, la Repubblica Sociale Italiana abbia salvato il nostro onore, è difficile da analizzare con lucidità e senza imbarazzo.

Di sicuro c’è l’attenuante che, esistendo tre figure morali di riferimento (Re, Papa e Duce) e schierandosi queste su tre campi diversi, rispettivamente tradimento, neutralità e fedeltà, appare ancor più fulgida la risposta dei guerrieri dell’Onore.

Ma intendo soffermarmi sulle organizzazioni giovanili fasciste, sulla base militante.

Così come i gerarchi più illustri raramente diedero l’esempio e furono i più giovani, in qualche modo le seconde linee, a farsi avanti nella tragedia (si pensi alle scelte opposte dei due amici Ciano e Pavolini considerato fino ad allora un moderato), furono le organizzazioni giovanili più “quotate” a tradire mentre quelle più umili, ma più militanti, parteciparono in massa all’ultimo stupendo ruggito.

Per le prime intendo soprattutto i GUF (Gruppi Universitari Fascisti) che espressero in breve tempo quadri politici (raramente combattenti) dei partigiani, spesso comunisti. Tanto per non fare nomi: Ingrao e Napolitano. Quasi nessuno di loro aderì alla Repubblica, in molti tradirono decisamente e facendosene un vanto, anzi spiegando che fosse una necessità morale.

È pur vero che Mussolini non aveva mai fatto troppo affidamento su di loro, borghesi rampanti, ma sui più popolari membri della GIL (Gioventù Italiana del Littorio) che infatti risposero con entusiasmo a quell’ultimo appello.

Ma dove risiede quella differenza? Non è solo di ordine sociale ma di concezione di sé.

I GUF avevano una via erudita e facevano camarilla tra di loro, incoraggiandosi l’un l’altro, a buon uso con disprezzo degli “illetterati”, ognuno di loro era pieno di sé, tanto che era certo che avrebbe fatto meglio dello stesso Mussolini.

I GIL militavano, si realizzavano nella partecipazione impersonale: non scrivevano sui quaderni le cause, le seguivano. Non teorizzavano il mondo, lo vivevano.
Non volevano una politica che facesse bene al proprio ego, ma lo sacrificavano invece alla politica.

Personalisti i primi, impersonali e militanti i secondi. In buona misura entrambi fecero le scelte che corrispondevano alla loro specifica natura.

Ovviamente i fascisti sfascistizzati non si limitarono a dire “ho cambiato casacca”, cercarono giustificazioni che trasformarono in sentenze di accusa contro coloro che “erano rimasti indietro”; anzi che “erano stati manipolati e ingannati”. Sicché i limiti e i difetti della Rivoluzione progressiva mussoliniana vennero enfatizzati, negando quello che pochi anni prima aveva esaltato addirittura Togliatti. Giunsero a parlare di corruzione perfino per i gerarchi della RSI, smentiti dai fatti (chiuse addirittura con il bilancio in attivo!) e dalle inutili inchieste su di loro, già assassinati, che provarono che invece ci avevano rimesso di tasca propria.

Presero in giro chi combatteva dietro le insegne che erano state anche le loro e dissero che erano sciocchi, venduti o mercenari.

Minimizzarono come effetti collaterali le marocchinate e i linciaggi partigiani. Forti del fatto che “la storia stava dando loro ragione”.

Nulla di nuovo sotto il sole.
Ovviamente non si può equiparare per mille motivi la situazione di allora con quella venuta a verificarsi dopo l’invasione russa dell’Ucraìna e il triplice attacco all’Europa da parte di Mosca.

O meglio, non si può fare il parallelo preciso per chi, come noi, non è ucraìno né appartiene a una delle nazioni lungamente schiacciate dal tallone russo e soffocate dall’alito mefitico dell’orso da circo.

Pur non essendo affatto d’accordo, comprendo i percorsi di certi ragionamenti neutralisti (purché non pacifisti!!!!) e perfino di certe vaghe suggestioni per una Russia che però non c’è.

Il sangue, per chi non si sente carnalmente europeo, non è qui che scorre.
Ma un sangue che scorre per opera di denazificatori, istitutori di un Congresso Internazionale Antifascista permanente, che erigono statue a Lenin, Stalin e al fondatore delle Ceka, rivendicano la continuità sovietica e avanzano con bandiere rosse, dovrebbe, quantomeno, rendere perplessi i convertiti sulla via del Gulag.

Invece costoro hanno esattamente lo stesso riflesso degli ex GUF di fronte alle marocchinate e alle stragi partigiane.

Peggio: essi ci fanno la morale. Spiegano come siamo stati ingenui, manipolati, usati, e come invece ciò non accadrà più con l’avvento dei Soviet, pardon del…. multipolarismo (che vanno a invocare gioiosi e bagnati presso il Soviet di Crimea, più emblematicamente, di Jalta…).

Con l’acida e rancorosa superiorità intellettuale di quelli che hanno capito tutto (perché lo hanno letto da qualche parte…), spiegano come sia passato remoto la fedeltà, come sia stato sparso invano il sangue nostro per oltre un secolo e come si esca da questa prigione, cioè dalla nostra identità, con una presunta quarta teoria che sarà al massimo una teoria ma non è un’idea, al netto del suo valore sconcertante.

Quando la Russia invase per la prima volta l’Ucraìna, tentando le insurrezioni di Donbass e Novoryssia e occupando militarmente la Crimea, immediatamente Dugin scrisse sulla mia bacheca: “Non è più tempo di Terza Posizione”.

Si sbagliava alla grande, ma il problema non è lui. Agente russo dell’apparato Malofeev, egli esegue il proprio compito. Il problema sono i corrispettivi odierni dei GUF. I “nostri” che pensano e parlano così. Individualisti eruditi, alcuni, prigionieri di schemi, quasi tutti, resi insofferenti dal fatto che la realtà dimostra sempre che la nostra essenza è immortale e loro, che l’hanno “superata” vanno regolarmente fuori di testa a causa della sua eternità. Non hanno cancellato dal mondo la virtù per il solo fatto che, perdutala essi, la deridono. Se tutto questo non è sparito, sarà colpa della Nato, della Cia, della Massoneria. C’è sempre qualcuno che corrompe i vizi per riportare in auge la virtù?

Che ci siano ancora popoli, che ci siano ancora uomini, li fa impazzire?

Li troviamo regolarmente indifferenti quando non addirittura compiaciuti per le repressioni dei camerati, per le loro uccisioni, per le torture praticate sui loro corpi da gente che parla di denazificazione tra slogan sovietici e grida di Allah akbar.

Loro vanno con la storia….

Non possono accettare che altri restino quelli che sono sempre stati.
Anche se non concordo, pazienza se nel tifare per i russi, costoro rendessero comunque onore ai volontari ucraìni e non solo ucraìni che con riferimenti storici e simbolici ma anche con precise posizioni politiche, restano nel solco del nostro essere. Personalmente ho reso omaggio a quei populisti che nel 2014 partirono per il Donbass anche se sapevo che la loro posizione era sbagliata e ho anche reso onore a un tizio dei centri sociali morto in una delle prime battaglie del 2022. Ma questo perché, stando bene con me stesso, posso apprezzare anche i nemici quando lo meritino.

Loro invece denigrano i combattenti, li calunniano, li offendono, li presentano come mercenari, come venduti, come feccia, e sono perfino giubilanti quando vengono catturati o uccisi.

Perché quei camerati combattenti sono la loro cattiva coscienza e la foto indelebile del loro cambio di campo e non lo possono sopportare.

Che si tratti di una scissione morale, mentale, psichica interna, è dimostrato da qualcosa che con la guerra in Ucraìna non c’entra nulla, anche se poi ci si riflette.

Sono rimasti i soli a credere nei teoremi del Pci sull’utilizzo delle estreme destre da parte di Gladio per fermare l’ascesa comunista negli anni di piombo. Ma proprio i soli, insieme a chi lo dice per ragioni professionali. Ho conosciuto tanti compagni dell’Autonomia, di Prima Linea, delle Br, a guerra civile conclusa. Non ho trovato nessuno che creda in questa favoletta dell’estrema destra montata dagli americani e da essi protetta. Non solo non sta in piedi al giudizio storico, ma è proporzionalmente irrilevante rispetto a quanto avvenne in diverse formazioni della sinistra estrema, a iniziare dai Quaderni Piacentini.

Questa visione di un’estrema destra gladiatrice e al servizio del padrone di tutti, ma proprio di tutti a cominciare dai comunisti, ormai fa ridere.

Ma i guf-oidi di adesso sono i soli a crederci. Perché? Per mitomania da pover’uomini. Essi hanno stabilito che agitandosi un po’ nel mondo studentesco a suo tempo, avrebbero potuto fare la rivoluzione assieme a studenti di altro colore ma che il Potere glielo ha impedito facendoli scontrare tra loro, come se ciò non fosse inevitabile e ci si dovessero mischiare gli 007… E se non fosse stato per i capi “collusi”, loro adesso sarebbero dei Simon Bolivar.

Sempre autoreferenziali, mitomani e rivoltati contro l’idea del padre. Oggi, come ieri, come l’altro ieri.

Ribadisco che non è tanto la scelta di campo – regolarmente teorica – che si è fatta in merito, ad essere oggetto di questa mia dissertazione, visto che comunque, quale che sia, è frutto di una valutazione e quindi può essere degna di confronto, ma lo è lo spirito con cui essa viene vissuta.

Ambienti di boomers frustrati e di intellettuali inorganici, di individualisti più o meno eruditi e bibliofili per i quali il mondo deve andare così come piace al proprio ombelico, coltivando l’illusione di spirare a breve facendo finta di non essere falliti, si stanno comportando esattamente come i GUF di allora. Stessa antropologia in fondo, anche se molto più attempati.

La frattura generazionale palese nei posizionamenti sulla guerra in Ucraìna, di cui parlo dal 2022 e che è stata documentata di recente dallo specialista dell’estrema destra Nicolas Lebourg, che è anche e soprattutto una frattura tra ambienti teorizzanti e strutture militanti, è esattamente dello stesso ordine di quella dell’estate del 1943.

Nulla cambia davvero, mai.

L’essenza non la si uccide con le teorie e si possono vestire le persone come si voglia, ma Achille anche se mascherato da femmina sceglierà sempre la spada.

A ogni 8 settembre risponde un 23 settembre. Sempre.

Fatevene una ragione.

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