Speciale europee.Sostanzialmente immobile l’elettorato italiano. Si registrano solo alcune redistribuzioni negli schieramenti.
Il voto d’affezione alla lista prevale su ogni considerazione. Il futuro del governo si deciderà solo in America.
Il popolo non vota, tifa.
Questa la morale al risultato delle europee. E azzardiamo un’analisi del voto che dovrebbe essere utile per tutti coloro che puntualmente anelano a trasformare il quadro politico. Cosa che, in Italia, è impossibile, se non per effetto di rivoluzioni dall’alto (Guerra Fredda, Tangentopoli).
Sicché mentre in tutto il continente la coalizione governativa, qualunque essa sia, e qualsiasi posizione internazionale abbia assunto, è stata travolta o lautamente sanzionata, in Italia si è appena appena mossa foglia.
Malgrado avesse il vento in poppa (crisi internazionale, carovita, disoccupazione), l’ologramma olivastro è rimasto clamorosamente al palo. Se gli si aggiungono i voti di tutti i complici di affare, a stento la larva progressista sopravanza la mummia di centrodestra di qualche decimale: insomma una débacle.
Sull’altro versante si registra una tenuta globale. Anche se le formazioni minori sono state premiate rispetto alla lista del Premier. Ma si tratta di una redistribuzione, nulla di più.
In particolare fa riflettere la tenuta di AN malgrado le piroette filo/immigrazione e anti/Repubblica Sociale che, a conti fatti, non hanno influito sull’elettorato.
Perché ? Non di certo per interesse in atto di ufficio (che vale, in caso, per i dirigenti, i quadri e, al limite, i militanti, ma non per gli elettori), né per adesione plebiscitaria.
Che il governo, al di là dalle genialità propagandistiche di Berlusconi, abbia fatto poco e niente e, soprattutto, abbia fallito l’obiettivo principale di creare posti di lavoro (ha invece registrato un aumento vertiginoso della disoccupazione e del costo della vita) è palese anche ai suoi sostenitori.
Gli italiani sono però abbastanza fossili. Votano per “tifo” anche perché non credono da troppo tempo alle promesse elettorali, non si prendono sul serio e non prendono sul serio il teatrino della politica.
Ed allora le uniche innovazioni stanno appunto nelle “redistribuzioni” che hanno avuto un sapore di nostalgia di Prima Repubblica.
I democristiani, praticamente al 6 per cento, sono i trionfatori relativi della contesa. Bene, rispetto ai loro compari, fanno quelli che si definiscono comunisti. Riprende la Lega (anche per effetto solidarietà a Bossi). L’estrema destra, pur suddivisa in due partiti e una ruota di scorta, recupera il suo margine del 2 % e porta un’eurodeputatessa e forse un eurodeputato.
In questa particolare lotta intestina ha tenuto molto il voto di affezione o di lista (la Fiamma allo 0,7) rispetto all’indubbio richiamo di quel nome (1,2).
Il fatto che l’immobilità di governo, la difficoltà congiuntural