mercoledì 12 Febbraio 2025

Israele-Hamas: chi ha vinto?

O forse non si sono mai combattuti davvero

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Siamo nel pieno dello scambio tra Hamas e Israele: ostaggi in cambio di prigionieri.
Non finirò mai di stupirmi della straordinaria disposizione della gente a essere distratta, ad avere la memoria di un pesce rosso, e della sua incapacità di mettere assieme i dati di cui è in possesso.

Non dico che dovrebbe farlo per trarre una conclusione categorica che spesso sarebbe sbagliata perché, comunque, molti dati s’ignorano, ma almeno per porsi delle domande.

Il 7 ottobre 2023

Hamas catturò un numero imprecisato di ostaggi, in larga misura israeliani. Il loro numero è valutato tra i 250 e i 300.
Richiese la liberazione dei detenuti politici palestinesi in cambio di quella degli ostaggi.
Isarele decise di passare alle maniere forti per sradicare Hamas da Gaza e asfaltarlo.
Non abbiamo certamente il numero corretto delle vittime, Si parla di 46.000 palestinesi, in prevalenza donne e bambini e di 840 soldati israeliani.

Ora sono passati più di quindici mesi dal rapimento eppure lo scambio ostaggi-prigionieri è in atto.
Ad oggi sono stati scambiati circa 400 ostaggi con oltre 1.000 prigionieri.
Israele ha ceduto? Che senso ha avuto allora non farlo subito? Avrebbe anche potuto passare alla rappresaglia dopo lo scambio, non prima: farlo ora non da un’impressione vincente, anzi sembra una mezza capitolazione.

Hamas si fa filmare in atteggiamento marziale

mentre libera gli ostaggi e sfida platealmente Israele.
Ora, è mai possibile che nessuno si faccia qualche domanda naturalissima ed elementare?
Se è stata fatta terra bruciata per distruggere Hamas, e quest’ultima si mostra così muscolare e rediviva, ovvero, non annientata, ha quindi vinto? E come ha fatto?
E gli ostaggi come sono sopravvissuti quasi tutti ai bombardamenti israeliani, dato che, si presume, Tel Aviv non sapeva dove fossero reclusi?

Benché io sia basito

dal fatto che nessuno si ponga queste domande, diffiderei delle risposte semplicistiche che si sarebbe tentati di dare. Israele non ha affatto perso, ma l’intera operazione con tanti attori si svolge su diversi piani e con obiettivi molto diversi tra loro.
Benché il 7 ottobre sia stata la causa scatenante di questi quindici mesi di guerra, il conflitto, o forse sarebbe meglio dire il concerto di conflitti di cui è teatro, ha luogo in parallelo e perfino indipendentemente dal casus belli.

Mentre si riscrive la geografia politica ed energetica del Medio Oriente sulla traccia di un processo avviato dal 2018, si giocano partite di riconquista sunnita sulle avanzate sciite e si rovesciano alleanze ed accordi, in cui entrano in gioco anche le influenze americane e cinesi.


Della Palestina non fotte niente a nessuno

men che meno ai paesi arabi. Si consideri che dal 1948 al 2023 quasi i tre quarti di palestinesi morti nei conflitti erano stati uccisi da arabi.

Non sappiamo certamente come Hamas e gli ostaggi siano stati preservati dagli effetti dei bombardamenti di Gaza. Probabilmente sbagliamo a dire Hamas come se fosse una sola cosa. Nulla di più facile che si sia verificato, una volta di più, un sanguinoso cambio di leadership, e quindi di influenze, sull’elemento d’instabilità – ovvero di stabilità – palestinese, rappresentato da Hamas.


Ciò avvenne continuamente fin dalla nascita di Al Fatah; dal 1991 il grosso delle manipolazioni arabo-israeliane poi si è concentraro appunto su Hamas.

E Hamas

è a sua volta un terreno di conquista per fazioni che si preoccupano molto di più di combattersi tra loro, incuranti degli effetti micidiali sulla popolazione palestinese, che non di perseguire una causa o un obiettivo.

È quindi altamente probabile che in questi quindici mesi si sia annientato un Hamas mentre se ne fortificava un altro, E che oggi vada all’incasso qualcuno che fa comodo vada a incassare.

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