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L’esordio tra il fango, a gareggiare di nascosto dalla madre e dal padre, ai quali mentiva dicendo di recarsi alla Messa domenicale.
L’aut aut dei genitori, una volta scoperta, che la obbligarono a sposarsi e andare via di casa per continuare a correre.
Un maiale vivo da riportare, secondo le più accreditate leggende metropolitane, come premio dopo la prima gara disputata a Reggio Emilia. Di imprese, Alfonsina Strada, prima e unica donna a partecipare al Giro d’Italia maschile, nel 1924, ne aveva già fatte molte. Ma quella che, cento anni dopo, è stata ricordata all’Aquila con una pedalata della Fiab, ha il sapore epico: partenza da Foggia alla volta dell’Abruzzo dopo ben 304 chilometri; Alfonsina, nata Alfonsa Rosa Maria Morini, sopporta un’infiammazione al ginocchio e arriva al traguardo, penultima con un ritardo di 2h 46′ 50″. I corridori “superstiti” sono soltanto 43.
L’indomani, alla partenza riceve fiori e ben 500 lire, frutto di una sottoscrizione, dalle mani del presidente della locale Ss Folgore, Oreste Fogola. Poi, arrivano i guai: la Gazzetta parla di “terribili asperità” dell’ottava tappa dove Alfonsina arriva fuori tempo massimo. Con grande dispiacere Emilio Colombo la mette fuori gara ma, com’era stato fatto anche per altri corridori, le è consentito di continuare a correre, anche se fuori classifica e nella Fiume-Verona arriva a soli 7′ dal vincitore. A Milano, tappa finale del Giro, sarà presente tra i 30 corridori rimasti in sella. “Sono una donna, è vero – dichiarerà in un’intervista al Guerin Sportivo -. E può darsi che non sia molto estetica e graziosa una donna che corre in bicicletta. Vede come sono ridotta? Non sono mai stata bella; ora sono…un mostro. Ma che dovevo fare? La puttana? Ho un marito al manicomio che devo aiutare; ho una bimba al collegio che mi costa 10 lire al giorno. Ad Aquila avevo raggranellato 500 lire che spedii subito e che mi servirono per mettere a posto tante cose. Ho le gambe buone, i pubblici di tutta Italia (specie le donne e le madri) mi trattano con entusiasmo. Non sono pentita.
Ho avuto delle amarezze, qualcuno mi ha schernita; ma io sono soddisfatta e so di avere fatto bene”. Nel 2022 la Fiab ha depositato richiesta al Comune dell’Aquila per l’intitolazione di un luogo pubblico.