martedì 22 Ottobre 2024

La rivalità turco-russa

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Gendarmi d’Europa per gli Usa, entrambi i players alleati di Israele

Il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha fatto sapere che incontrerà presto i colleghi di Israele ed Egitto, un annuncio in linea con il processo di normalizzazione delle relazioni che Ankara ha posto in essere nell’ultimo anno. Cavusoglu ha annunciato che si recherà in Israele, mentre attende a Istanbul il collega egiziano, Sameh Shoukry, con il quale condividerà una cena di iftar (fine digiuno Ramadan).
Tuttavia il riavvicinamento prosegue spedito nei confronti dello stato ebraico, meno nei confronti dell’Egitto. In attesa di sviluppi il processo di riavvicinamento tra i due Paesi, i cui rapporti erano fermi dal 2010, si può dire ben avviato dopo che lo scorso 9 marzo il presidente israeliano, Isaac Herzog, ha incontrato ad Ankara Erdogan.

Primo incontro tra leader dei due Paesi in 12 anni, passo verso una normalizzazione per giungere alla quale la chiave è l’interesse comune a far passare attraverso le infrastrutture turche il gas dell’enorme giacimento ‘Leviatano’ (600 miliardi di metri cubi almeno) nel suo viaggio fino in Europa.
Gli Usa hanno abbandonato il progetto del gasdotto Eastmed che, passando dalla Grecia, avrebbe escluso la Turchia, favorendo così il dialogo tra Israele e Turchia.

Diversa la situazione con l’Egitto. La Turchia ha deciso di nominare un proprio ambasciatore al Cairo che andrà a riempire un vuoto durato 9 anni. Una situazione in stallo da giorni, Ankara è in attesa del via libera delle autorità egiziane che permetta l’ufficializzazione della nomina di Salih Mutlu, fino al 2020 rappresentante della Turchia presso l’Organizzazione per la Cooperazione tra Paesi Islamici (Oic) e ora ‘incaricato d’affari’ al Cairo, in attesa di nuova nomina.
I rapporti diplomatici tra Ankara e il Cairo sono ripresi a marzo del 2021, un nuovo inizio dopo il colpo di stato del 2013 che rovesciò i fratelli musulmani di Mohamed Morsi al potere in Egitto. Si tratta dell’ennesimo cambio di rotta nelle relazioni tra i due Paesi, che nell’era Morsi erano state eccellenti, per poi azzerarsi con l’ascesa al potere di Abdel Fettah al Sisi, definito più volte da Erdogan “dittatore sanguinario”.
Da allora delegazioni dei due Paesi si sono incontrate in due diverse occasioni e un terzo incontro è alle porte. La normalizzazione in corso risponde alla necessità dei due Paesi di rivedere le proprie strategie nelle comune aree di interesse: Mediterraneo orientale, Medio Oriente, Corno d’Africa e Golfo Persico. Regioni le cui dinamiche hanno plasmato i rapporti tra Ankara e il Cairo negli ultimi 20 anni, che con l’insediamento della nuova amministrazione americana guidata da Joe Biden necessitano di un rinnovato dialogo.
Ankara, per facilitare il processo ha anche deciso di ridurre drasticamente le trasmissioni televisive e talk show politici trasmessi da emittenti legate ai fratelli musulmani che hanno trovato un rifugio sicuro in Turchia negli ultimi anni. Non mancano tuttavia nodi critici.
Al momento Erdogan non sembra disposto a negare accoglienza ai dissidenti egiziani in Turchia. Allo stesso modo il presidente turco non pare disposto a stringere la mano ad Al Sisi, un argomento su cui ha sempre glissato, rispondendo che avrebbe permesso ai propri ministri di recarsi al Cairo, senza mai manifestare l’intenzione di incontrare il presidente egiziano.

Altro dossier caldo tra i due Paesi è la Libia. Il Cairo non pare disposto a compiere passi indietro sui militari turchi in Libia, ma sopratutto sui più numerosi combattenti siriani mandati da Ankara. Un tema su cui Cavusoglu dovrà sedersi al tavolo e negoziare.
Un accordo serve anche nel Mediterraneo orientale, area in cui entrambi i Paesi guardano con interesse dovuto alle riserve di gas e in cui non sono mancate divergenze di vedute rispetto alla delimitazione dei confini marittimi. L’Egitto ha scelto di allearsi con Grecia e Cipro, nel tentativo di escludere Ankara dalla spartizione delle risorse. Un tema su cui Erdogan non cederà di un millimetro, considerando che la questione riguarda anche la parte turca di Cipro.
Proprio il ritrovato dialogo tra Turchia e Israele, insieme al già citato abbandono americano del progetto East Med, rendono ora impossibile escludere la Turchia e spingono il Cairo a negoziare. Ankara torna a far valere la propria posizione strategica per convogliare energia verso l’Europa, sia che si tratti di gas israeliano, sia che si tratti di Lng egiziano da smistare attraverso Cipro.
Pur essendo lontani da una normalizzazione, entrambi i Paesi hanno dunque motivo per sedersi e trattare. In ballo c’è anche il fastidio di Al Sisi per l’influenza e la presenza turca in Sudan, oltre che in Libia, ma anche il ruolo sempre più centrale di Ankara in Siria e Iraq.
Tutti dossier su cui Erdogan e Al Sisi si giocano non solo i rapporti tra i due Paesi, ma la leadership in buona parte del mondo islamico, compresa Gaza, dove la Turchia ha da tempo superato l’Egitto, al punto che il Cairo ha chiesto a Israele di impedire la presenza turca nella Striscia. Decisione improbabile, considerando che con Israele il riavvicinamento di Ankara va rapido, con l’Egitto molto meno.

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