giovedì 9 Maggio 2024

Più che ombre cinesi

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La complessità dei fattori che stanno minacciando la tenuta del gigante giallo

C’è chi parla di “disastro imminente” e chi minimizza tutto preferendo utilizzare altri termini, come quello, gettonatissimo, di semplice “rallentamento”. In mezzo ai due estremi c’è sempre una via di mezzo utile a capire cosa sta realmente accadendo in Cina, da tempo finita sulle prime pagine dei giornali internazionali a causa della crisi economica che sta imperversando sull’ex Impero di Mezzo.
Una situazione del genere, presumibilmente più spinosa di quanto non si possa immaginare, avrebbe persino spinto Xi Jinping a non presentarsi al vertice del G20 in programma a Nuova Delhi, in India. Questa è la versione sposata da Nikkei Asian Review, secondo cui il mancato viaggio oltre frontiera del presidente cinese sarebbe una chiara spia delle turbolenze nella politica interna del Dragone.
L’economia cinese sta effettivamente andando peggio di quanto preventivato dalle autorità centrali. Questo non significa che Pechino crollerà nel giro di qualche settimana, né che altre catastrofi travolgeranno il governo cinese dall’oggi al domani.
Allo stesso tempo è indubbio che il rallentamento – per certi versi inaspettato – abbia appesantito la Cina: la sua economia sta recedendo in modi mai visti da quando sono iniziate le “riforme e l’apertura” alla fine degli anni ’70; il settore immobiliare è nel caos, simboleggiato dai problemi di Evergrande; il tasso di disoccupazione è peggiorato (a tal punto che quest’estate le autorità cinesi hanno smesso di pubblicare dati).
Ai fatti economici potremmo poi aggiungere altra carne al fuoco. L’esercito è in subbuglio dopo l’epurazione di due generali della Rocket Force, i cui licenziamenti sono venuti alla luce a luglio e il ministro degli Esteri Qin Gang è stato rimosso dall’incarico per ragioni sconosciute.

Le cause della crisi
La pandemia di Covid-19, con le stringenti misure anti contagio attuate per mesi, ha accelerato criticità latenti. Una su tutte: la crisi del settore immobiliare. Da qualche anno, prima dell’emergenza sanitaria, il boom edilizio di lunga durata, lo stesso che ha dato impulso alla crescita della Cina, si è interrotto. Minacciando i posti di lavoro e i risparmi di milioni di famiglie.
Detto altrimenti, e in estrema sintesi, per decenni l’economia cinese è dipesa in gran parte da un settore immobiliare in forte espansione, alimentato dalla crescita demografica. Il suddetto mercato immobiliare ha creato posti di lavoro ed è servito come luogo in cui immagazzinare ricchezza per la crescente classe media cinese. Anche i governi locali dipendevano dalle entrate derivanti dalla vendita dei terreni.
Ad un certo punto, questo meccanismo apparentemente virtuoso si è inceppato. Intanto perché la popolazione del Paese ha smesso di crescere come in passato, poi per via delle rigide restrizioni anti Covid che hanno scosso i consumatori cinesi. Il governo ha infine represso le pratiche più rischiose nel settore (come ad esempio i prestiti a pioggia), generando così una combinazione letale di fattori che ha lasciato gli sviluppatori immobiliari con enormi debiti e, sul terreno, più nuove unità abitative che acquirenti.

Cosa succede al settore immobiliare cinese
In conseguenza a quanto sottolineato, i prezzi delle case sono crollati, intaccando i risparmi e la fiducia delle famiglie cinesi. Il tutto in un momento delicato, proprio mentre il governo stava cercando di passare da un’economia alimentata da investimenti ed esportazioni diretti ad un’economia guidata dalla spesa dei consumatori interni. Secondo una stima di Gavekal Research, le fatture non pagate degli sviluppatori privati cinesi ammonterebbero a 390 miliardi di dollari, una grave minaccia che incombe sull’economia. Gli economisti, intanto, hanno abbassato le loro previsioni per la crescita economica della Cina, molte al di sotto dell’obiettivo del governo di circa il 5% (un numero che è comunque considerevole).
I protagonisti della crisi immobiliare hanno nomi ben precisi. Country Garden, il più grande promotore immobiliare cinese, ad agosto ha dichiarato che prevede di registrare una perdita fino a 7,6 miliardi di dollari per i primi sei mesi dell’anno in corso. Il prezzo delle azioni della società è quindi crollato per il timore degli investitori in merito ad un possibile default dell’azienda su prestiti (prestiti dal valore di miliardi di dollari), poi sventato in extremis.
China Evergrande, un altro importante attore cinese, ha recentemente dichiarato bancarotta negli Stati Uniti mentre sta adesso ristrutturando il proprio debito. La società è andata in default su un debito di 300 miliardi di dollari nel 2021, uno dei primi grandi segnali che il settore immobiliare cinese era in difficoltà. I problemi del settore si stanno estendendo anche alle società fiduciarie finanziarie cinesi, che offrono investimenti con rendimenti più elevati rispetto ai depositi bancari standard e spesso investono in progetti immobiliari. Zhongrong International Trust, che gestisce un patrimonio di circa 85 miliardi di dollari, ha recentemente mancato i pagamenti agli investitori.

Le mosse di Xi
Nel 2017, Xi Jinping aveva dichiarato che “le case servono per viverci, non per speculare”. Pechino ha dunque iniziato a sostenere questo sentimento (e sta continuando a farlo) inasprendo le regole del credito contro la speculazione immobiliare. Alla fine, Evergrande è stata la prima tessera del domino a cadere quando è andata in default alla fine del 2021. Un gran numero di fornitori è rimasto intrappolato dalla crisi. Centinaia di migliaia di vittime, ha ricordato il South China Morning Post, sono state risucchiate dal buco nero di Evergrande, che ha registrato perdite complessive per 812 miliardi di yuan per il periodo 2021-22 e quasi 2,39 trilioni di yuan di passività al 30 giugno.
La crisi nel settore immobiliare cinese è particolarmente urgente perché coinvolge tantissime famiglie su tutto il territorio nazionale. Basti pensare che, all’inizio del 2022, il presidente di Evergrande, Xu Jiayin, aveva annunciato l’obiettivo di consegnare 600.000 case quell’anno, equivalenti a quasi il 50% dei suoi progetti abitativi pre-venduti. Secondo l’ultimo aggiornamento dell’azienda del 25 agosto, nel 2022 Evergrande ne ha consegnate circa 301.000.
Pechino ha adottato alcune misure per mantenere la stabilità sociale e prevenire una crisi bancaria. A giugno, la banca centrale ha esteso 200 miliardi di yuan di quote di restituzione per garantire il completamento delle unità immobiliari non finite e per consentire alle banche commerciali di rinnovare i prestiti in scadenza dopo la crisi di Evergrande, estendendo le politiche fino alla fine del prossimo anno. I cambiamenti politici mirano anche ad aumentare i prestiti bancari. E squadre speciali sono state inviate da Pechino e dalle autorità locali per supervisionare il processo. Il futuro è ancora tutto da scrivere.

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