lunedì 19 Agosto 2024

Draghi, la Lega e l’Italia

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Il nuovo idillio spiegato all’estero. dove non hanno i codici per capire l’Italia

 

Articolo uscito in francese per strategica.fr

Per stabilire se la Lega abbia o non abbia tradito i suoi elettori, il primo elemento da considerare è il loro sentimento. Il consenso per la Lega, dopo il voto a Draghi, è cresciuto del doppio di quello per Fratelli d’Italia che hanno scelto di restare fuori dal nuovo governo.

Perché la scelta della Lega avrebbe dovuto sembrare un tradimento? Sono quelle che in sociologia si definiscono sottoculture che hanno questa percezione. Nella comunicazione moderna si creano ghetti social e nei ghetti social alcuni utenti s’influenzano reciprocamente trasformando la realtà dei partiti e degli uomini politici (Salvini, Trump, Putin, Orban) così come piace a loro. Scartano tutto quello che contraddice la loro visione ed enfatizzano quello che la rincuora. Così pensano che il successo per quei partiti o per quegli uomini politici sia dovuto alle ragioni che gli utenti dei ghetti social considerano fondamentali e, quando la realtà fa cadere la loro illusione, credono che gli elettori siano stati traditi e che si rivolteranno contro i traditori. Ma questo sta solo nella percezione falsata della realtà dei ghetti social.

La Lega, l’Euro e l’Europa
La battaglia per l’uscita dell’Euro da parte di Salvini è durata un anno, dal 2016 al 2017. Visto come questa linea aveva penalizzato Marine Le Pen alle presidenziali, Salvini l’abbandonò bruscamente.
Va pure detto che tale campagna demagogica era stata lanciata con la Lega al minimo storico (4%), quando era marginale e poteva spararle grosse. La Lega è però tornata a governare le regioni produttive italiane, a rappresentare le industrie, il turismo, il commercio e lì se qualcuno propone di uscire dall’Euro chiamano direttamente una clinica psichiatrica.
I ghetti social non lo hanno capito perché esistono ancora tre o quattro esponenti leghisti che fanno i no euro e gli antitedeschi e, come al solito, gli utenti social scambiano coloro che pescano nel loro ambiente per il tutto, che non è affatto su quelle posizioni.
Va anche detto che il sovranismo è attentamente seguito dalle logge inglesi, che vogliono la debolezza italiana ed europea, e che favoriscono quindi le linee anti-euro.
Il principale personaggio del partito della City e della Borsa vicino alla Lega è Paolo Savona, che fu uno degli artefici della separazione tra Banca d’Italia e Tesoro e uno degli alfieri delle privatizzazioni. Il suo compito non è quello di farci uscire dall’Euro, ma quello di sabotare la forza economica europea. La piovra britannica del “sovranismo” a sostegno del Dollaro e della Sterlina non sta nella Lega, opera fuori (Paragone, Giubilei, Fusaro). Dentro la Lega il maggior critico dell’Euro e dell’Europa è Alberto Bagnai, l’uomo che festeggia pubblicamente il bombardamento di Dresda. A un livello molto più basso in gererchia ci sono Borghi e Rinaldi, la cui incidenza nella Lega e sull’elettorato leghista è insignificante ma che nei ghetti social sono immaginati dirigenti leghisti.

Draghi e gli italiani
Draghi ha ottenuto l’86% di voti al Senato e l’89% di voti al Parlamento.
Il consenso degli italiani per Draghi è inferiore a quello espresso dai partiti, ma è inferiore di poco, perché si avvicina all’80%.
Draghi è considerato l’uomo che è riuscito a sconfiggere la linea di austerità della Banca Centrale e ad aiutare l’economia italiana. Gli italiani che all’estero si continua a definire euroscettici non lo sono per niente. Bisogna capire la mentalità italiana e l’espressione commediante della politica.
In Italia, per tradizione, lo Stato è qualcosa di estraneo alla vita di tutti i giorni: da maledire quando si pagano le tasse e da invocare per gli aiuti economici e per i posti di lavoro. Un po’ come un nonno ricco e severo che si detesta e con cui è imbarazzante farsi vedere in pubblico ma che è opprortuno coltivare.
La Democrazia Cristiana ha avuto la maggioranza per cinquant’anni, ma incontrare qualcuno che dicesse di votare Dc era più raro che trovare un quadrifoglio. Con una mentalità da sindacalisti, gli italiani hanno la tendenza a criticare quello che in realtà votano, ma perché credono che così facendo il loro sostegno sembrerà decisivo e potranno domandare e ottenere di più dal loro signore.
Il rapporto con la Ue, da parte degli italiani, è esattamente lo stesso. Si tratta di un europeismo passivo.
Poiché la Merkel ha imposto agli europei di contribuire a risanare l’economia italiana, gli italiani s’illudono di potersi rimettere in sesto sulle spalle degli altri e ritengono che Draghi abbia l’autorevolezza necessaria perché questo accada a costi limitati.
Considerato anche quanto i due governi presieduti da Conte si siano dimostrati dilettanti, il consenso per Draghi è inferiore, nella storia italiana, solo a quello per Mussolini.

L’Italia e la commedia
Ogni popolo ha le sue commedie e la democrazia è la commedia per antonomasia.
Nessuna commedia è seria. Ma le commedie sono diverse nazione per nazione. In Francia la tendenza è di essere fanfaroni, in Italia di essere guitti.
Il fanfarone deve tenere fede il più possibile alla parte che sta recitando, il guitto cambia parte senza  farsi alcun problema e recita un’altra parte.
La grande ammucchiata italiana è incomprensibile altrove. Salvini che s’incontra con i dirigenti del Pd e che si appresta a governare insieme a loro. Salvini che parla con il ministro dell’interno che ha preso il suo posto contro di lui e tratta una linea in comune, Borghi che s’inventa che Draghi è un “sovranista”, sono buffonate che non sarebbero possibili in nessun’altra parte del mondo ma che in Italia sono normalissime, come insegnano i film di Sordi e di Gassman.
Si tratta di buffoneria, però, non di tradimento.

La Lega e Draghi
Non si sa cosa proverà a fare esattamente Draghi, né se ci riuscirà. Io spero che fallisca per una semplice ragione: ritengo che in Italia serva il disastro più nero e più violento perché ci sia un effetto schock che possa, forse, far raffiorare in qualcuno le virtù italiche perché oggi l’Italia è, nel suo collettivo, un’immensa buffonata.
In ogni modo per immaginare quello che proverà a fare Draghi dobbiamo abbandonare tutti i luoghi comuni dei ghetti social. Draghi non vuole “liquidare” l’Italia per un cattivo padrone tedesco o francese e non vuole mandarla in bancarotta. Al contrario, vuole razionalizzare le spese, controllare le entrate e rilanciare la produzione. Cosa che non contrasta affatto con il cosiddetto Gran Reset di Davos perché, se leggete i loro documenti preliminari, essi si preoccupano della salute delle imprese produttive; non per altro, ma perché chi si nutre del sangue altrui, quando questi sta morendo, gli deve praticare robuste trasfusioni.
Draghi non è ancora al lavoro ma alcuni dati sono chiarificatori.
Il peso politico della destra, e in particolare di Berlusconi, è fortissimo.
Draghi vuole intraprendere un braccio di ferro con il deep state parassitario italiano e la scelta di Brunetta come ministro della Pubblica Amministrazione lo conferma.
Alla Lega sono andati tre ministeri, due dei quali d’importanza strategica per l’economia e per il suo elettorato. Si tratta del ministero per il Turismo, che va a Massimo Garavaglia e quello per lo Sviluppo Economico che va a Giancarlo Giorgetti, cresciuto nel Msi.

Se vince, se perde
La Lega, dunque, ha tutte le carte in regola per giocare bene la sua partita.
Se quella partita riuscisse la Lega sarebbe portata in trionfo. Se invece la partita fallisse?
Non succederebbe granché: giocherebbe un’altra partita.
Il trasformismo politico italiano e la mentalità con cui si vive la commedia permetteranno qualsiasi capriola ulteriore. Non dimentichiamo che la Lega è stata secessionista, autonomista, sovranista ed europeista e che, cambiando maschera, è sempre restata in sella. Semplicemente perché è l’espressione di territori produttivi e di ceti sociali penalizzati dal deep state e dalla burocrazia.
Pertanto rischia poco e niente in questo suo nuovo investimento.

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