Perché l’informazione sul Covid sarà sempre catastrofista
Il 14 agosto di trentadue anni fa un’autobomba venne lasciata davanti alla Questura di Milano, con la carica non innescata. Si cercò di accusare i fascisti perché, non esitendo più lotta armata d’estrema destra, molti dell’antiterrorismo, invece di farsi pagare le trasferte a Parigi al Crazy Horse o a Londra allo Stringfellow, dove con la scusa di pedinare pericolosi terroristi. facevano la bella vita a spese pubbliche, furono destinati a essere trasferiti a sud a combattere la Mafia. Non conveniva.
Il giudice incaricato delle indagini la definì “auto”-bomba.
Chi abbia visto il film “Il sarto di Panama” avrà colto come le manipolazioni dell’intelligence si trovano spesso dietro a situazioni che diventano esplosive perché queste rendono.
Chi si sia interessato un minimo della geopolitica della droga sa che una grande componente del narcotraffico è costituita da corpi antidroga (in primis negli Usa).
Interesse e potere si coniugano in qualsiasi stato d’emergenza nelle mani di chi quest’emergenza gestisce, con licenze straordinarie.
Voglio dire che qualunque cosa si pensi del Covid, di come è nato, di come si è sviluppato, della sua pericolosità reale, delle sue curve, eccetera eccetera, non è certo lasciando l’informazione nelle mani di chi ha acquisito potere o anche soltanto uno status sociale con il quale si pavoneggia che si potrà sperare in un’informazione serena, distesa e non terrorizzante.
Se venisse trovato il balsamo dell’immortalità gli ultimi ad esserne contenti sarebbero i cassamortari.