domenica 30 Giugno 2024

Ricchissimi o stentati

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Circa il 46% della ricchezza netta totale in Italia è concentrato nel 5% delle famiglie più benestanti. Questa è la conclusione di un’indagine condotta da Bankitalia sulla distribuzione della ricchezza tra le famiglie italiane. Questo dato evidenzia come l’Italia sia sotto la media europea per la concentrazione della ricchezza, sugli stessi livelli della Francia e dietro la Germania, in questo momento il Paese con maggiore disuguaglianza in termini di ricchezza netta. Il divario rispetto al complesso dell’area, spiega lo studio, riflette la più elevata quota di ricchezza netta detenuta in Italia dalle famiglie al di sotto della mediana, legata soprattutto al possesso di abitazioni. Gli indici di disuguaglianza sono rimasti pressoché stabili tra il 2017 e il 2022, in contrasto con l’incremento registrato tra il 2010 e il 2016.
La composizione del portafoglio varia notevolmente tra le categorie di famiglie, con quelle meno abbienti che possiedono principalmente abitazioni e depositi, mentre le famiglie più ricche hanno la possibilità di diversificare attraverso quote significative di azioni, partecipazioni e attività reali destinare alla produzione. Nel dettaglio, quasi un terzo della ricchezza delle famiglie più abbienti è rappresentato da capitale di rischio legato alla produzione (azioni, partecipazioni e attività reali destinate alla produzione) e un quinto da fondi comuni di investimento e polizze assicurative. A questi asset spesso affiancano inoltre altri strumenti finanziari complessi.

In generale le abitazioni rappresentano il 50% del patrimonio complessivo degli italiani, ma questa percentuale varia significativamente in base al livello di ricchezza. Le famiglie meno abbienti detengono il 75% della loro ricchezza in abitazioni, mentre la classe centrale si attesta poco sotto il 70%, e la classe più ricca scende a poco più di un terzo.
Tra il 2010 e il 2022 il peso delle abitazioni è sceso dal 55,8 al 50,2% a livello aggregato a causa del periodo caratterizzato da una generale flessione dei prezzi degli immobili; tuttavia, per le famiglie più povere è cresciuto di quattro punti percentuali. Nel 2010 circa la metà del patrimonio abitativo era detenuta dalla classe centrale; nel 2022 tale percentuale era scesa al 45%, soprattutto a vantaggio del decimo più ricco; la quota di abitazioni posseduta dalle famiglie sotto la mediana è rimasta stabile nel tempo, attorno al 14%.

La composizione del portafoglio delle famiglie ha dunque subito notevoli cambiamenti anche in funzione del tempo. Ad esempio, tra il 2010 e il 2022 l’aumento del peso dei depositi ha accomunato tutte le classi di ricchezza considerate, registrando un boom negli ultimi 18 mesi a causa dell’inflazione, che ha ridotto il valore reale delle attività infruttifere. Secondo una fotografia scattata dal report del Centro Studi di Unimpresa, rielaborando i dati statistici della Banca d’Italia, nell’ultimo anno (ottobre 2022-ottobre 2023) sono infatti stati spostati dai conti correnti ai depositi circa 85 miliardi, dato che per i secondi i tassi di remunerazione offerti dalle banche sono in media superiori al 3%, mentre sui conti correnti la media è inferiore all’1%.
Ma l’incremento ha interessato in maniera più forte la classe centrale. Nel dettaglio, i depositi sono aumentati di circa il 40% tra il 2010 e il 2022, soprattutto per le famiglie appartenenti al decimo più ricco, la cui quota è salita del 6%, raggiungendo la metà del totale.

Nell’ultimo anno le famiglie più povere hanno visto invece una sensibile riduzione della loro quota di depositi, rappresentando l’unico componente rilevante della loro ricchezza finanziaria (17%), costrette ad attingere ai loro risparmi e a utilizzare le loro riserve bancarie in sostituzione dell’indebitamento, diventato troppo oneroso per l’incremento dei tassi di interesse. Tanto che, da ottobre 2022 a ottobre 2023, il saldo totale dei depositi bancari di famiglie e imprese è crollato di 152 miliardi di euro, da 1.452 miliardi a 1.300 miliardi, pari a una riduzione del 10,5%. Nello specifico, il totale dei depositi dei privati è calato di 78 miliardi di euro (-4,5%), passando da 1.701 miliardi a 1.623 miliardi. E le riserve delle famiglie sono scese di 66 miliardi (-5,6%), da 1.170 miliardi a 1.104 miliardi.

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