mercoledì 8 Maggio 2024

E se il tramonto fosse già passato?

Non tutto il male viene per nuocere e non tutto è negativo come ce lo rappresentiamo

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La rivoluzione tecnologica, l’allargamento dei mercati, lo sgretolamento dei corpi sociali hanno fatto seguito dalla fine degli anni settanta alle accelerazioni del capitalismo sempre più rapace.
Lo stato sociale (definito welfare) si è trasformato in un handicap che ha portato alla deindustrializzazione delle società più floride, avviatesi al terziario e, successivamente al loro inverno demografico, determinato da contraccettivi, aborto, innalzamento dell’età matrimoniale e costi della vita.
Per un ventennio abbondante si sono sviluppati ininterrottamente il terzo mondo asiatico e lo spazio ex sovietico per produrre a costi vantaggiosi, il che ha comportato l’avvento della concorrenza “sleale” all’Europa.
La tecnologia si è spostata in gran parte in Asia e, alla fin fine, quello che viene definito Occidente è divenuto dipendente da essa.
La Cina, in particolare, si è erta a player mondiale di primo livello, prima d’incappare in alcuni intoppi, sia economici che demografici che non l’hanno, comunque, retrocessa.
Da qualche anno in qua la preoccupazione si è fatta sentire per il presunto “sorpasso” cinese, accompagnato da proclami demagogici sulla “dedollarizzazione” scanditi dal reclamo di maggior giustizia e libertà economica, mosso da paesi i cui sistemi e le cui culture erano e sono di tipo schiavista più che classista (Cina, Russia, Petromonarchie). Ma, si sa, il cinismo è beffardo.

Paradossalmente la sensazione di caduta irrimediabile si è affermata da noi proprio quando le cose hanno iniziato ad andare in controtendenza.
L’anarchia globalizzata ha difatti trovato dei punti critici e così da qualche anno in qua (di sicuro dal 2020, ma lo si nota fin dal 2016) si sono iniziate a differenziare le catene di fornitura e le sedi di produzione, creando una serie di sistemi paralleli che si caratterizzano nell’interdipendenza ma anche nel recupero in casa del controllo industriale.
Oggi, in questo, l’Europa è alle prese con la grande ripresa americana che adopera il solito sgherro sciocco di Mosca per contenere e impedire la sua, che già di per sé è complicata per l’assenza di sovranità continentale.
Tuttavia alcuni segnali sono incontrovertibili anche qui: l’automazione, la robotica, l’intelligenza artificiale, stanno rendendo meno necessaria la mano d’opera assicurando in alcuni casi non isolati dei guadagni notevoli.
Il che, ovviamente, mette a rischio posti di lavoro, ma è un problema molto relativo visto che quelli richiesti sono sempre più qualificati e che la questione demografica è pressante. La robotica può supplire quindi all’eccesso d’immigrazione.
La tassazione degli utili potrebbe essere riconvertita nella formazione e nella mobilitazione per ricreare un corpus sociale e un’etica esistenziale che aiutino a trasformare il tutto in una società non più liberista né comunista. Compiti ai quali dovremmo dedicarci con costanza e tenacia.

Fino a quando non ci si confronterà con la realtà in modo costruttivo, non se ne avranno che visioni apocalittiche e disperate.
Chi solo oggi si accorge di quanto fin dagli anni novanta era evidente che sarebbe andata così, e non guarda invece a quelle che possono essere le premesse di qualcos’altro di molto diverso, è destinato a girare a vuoto e con angoscia.
L’impegno dev’essere improntato a qualcosa di serio e solido, non a tifare per qualche catastrofe o per qualche esotico tiranno “liberatore”. Si tratta di concepire e costruire l’alternativa all’interno della tendenza di crescita europea e di modernizzazione. Questo dal punto di vista politico ed economico. Ma, al di là e al di sopra di questo, serve l’impegno culturale e spirituale per raddrizzare la spina dorsale, recuperare lo spirito antico e spazzar via le psicopatie di una certa borghesia viziata che pretende di parlare a nome di tutti quando esprime sinistre utopie irreali che fanno sorridere perfino i truculenti mercanti di schiavi e gli oppressori di popoli che alcuni buontemponi pretenderebbero rappresentare l’alternativa “tradizionale” (sic!) a quanto, pur decadente, resta culla di civiltà e promessa della sua perennità.

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