Fosse per lui, resterebbe in Giappone. Dall’altra parte del mondo. Abu Mazen sorseggiava il sake in un grande albergo di Tokyo, dov’è in visita ufficiale, quando gliel’hanno detto: a una tv israeliana, Canale 10, è arrivato quel famoso dvd. E si vede tutto. E i fotogrammi stanno per andare in onda. E c’è anche un’anonima intervista con un riconoscibilissimo intervistato.
E sta per sgorgare un fiume di fango sull’Autorità palestinese.
Perché, nell’ordine:
1) le immagini rivelano l’adulterio flagrante di Rafik Husseini, uno stretto collaboratore del presidente, ripreso nudo in un appartamento di Gerusalemme Est mentre fa sesso con una segretaria;
2) l’intervista, a un ex capo dell’intelligence palestinese, rivela che ci sono in giro “migliaia di documenti” come prova della “spaventosa corruzione ai vertici dell’Anp”;
3) il messaggio dell’operazione, neanche tanto velato, è che Abu Mazen deve far piazza pulita di chi lo circonda. Pena uno scandalo che travolgerà lui e tutta la sua dirigenza.
Si riaccendono le luci rosse sulla Muqata. Riesplode il sexgate che, qualche mese fa, s’era faticosamente riusciti a insabbiare. È la vendetta di Tawfiq Tirawi e di Fahmi Shabana, i due ex capi del Mukhabarat, i grandi burattinai degli 007 palestinesi. Un intrigo d’intifada: la primavera scorsa, quando scattò la trappola dell’alcova a Husseini e il dvd dello scandalo arrivò ad Abu Mazen in persona, un giornale israeliano raccontò che a girare le immagini erano stati Tirawi e Shabana, arcinemici di Husseini, e che proprio per questo erano stati provvidenzialmente arrestati dalla polizia israeliana e, altrettanto provvidenzialmente, erano stati accusati dallo stesso Abu Mazen d’intelligence col nemico e perciò dimissionati.
La faccenda sembrava chiusa lì. Finché dopo mesi di silenzio, sotto i riflettori di Canale 10, Shabana non è rispuntato dall’ombra in cui era finito. Con le immagini nude del rivale. E col pesante ricatto: o il leader di Ramallah caccia finalmente Husseini o qualcuno mostrerà le prove di milioni di dollari che, donati dall’Europa e dai Paesi arabi e dagli Usa alla causa palestinese, sarebbero invece finiti nelle tasche dei vertici Anp.
La gola profonda non accusa direttamente Abu Mazen, né il premier Fayyad. Ma è come se lo facesse: “Hanno lasciato che queste cose accadessero, senza toccare i colpevoli”.
Cornuti e corrotti. Interessati più ai tradimenti che agl’insediamenti. Accuse del genere, a proposito dell’Autorità palestinese, le lanciano di solito da Hamas o dalla destra israeliana. Uno come il ministro Uzi Landau, per esempio: “Non c’è nessuna differenza tra Arafat e Abu Mazen – è stato il suo delicato commento di ieri -: uno è Jack lo Squartatore e l’altro è lo Strangolatore di Boston. Uno spargeva sangue, l’altro ammazza in silenzio. Ma il risultato è lo stesso”.
Ora però la grana è seria: Tirawi, fedelissimo di Arafat, per dieci anni depositario dei segreti di Ramallah, è disposto a dispensare altro sesso e a svelare altre bugie. Shabana è pronto a fornire nuovi videotape. In uno, si vedrebbe Husseini a letto con la signora che, per inciso, è pure un’amica di Abu Mazen: “Me l’hanno mandata apposta per incastrarmi”, ha tentato di giustificarsi il fedifrago.
Il capo gli aveva creduto, alla fine del primo tempo. E cerca di ricredergli, mentre va in onda il secondo: “Questa manovra è orchestrata dagli israeliani – dicono l’agenzia Maan e il sito Al Watani, entrambi vicini al leader dell’Anp -: vogliono colpire in alto”. O in basso, a seconda dei punti di vista.