martedì 22 Ottobre 2024

Il nostro odore si chiama infedeltà

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L’8 settembre dovrebbe diventare festa nazionale: ce lo meriteremmo

 

Quell’8 settembre del 1943 è rimasto impresso come un marchio d’infamia indelebile sulla pelle degli italiani.
Paradossalmente fu meno grave del precedente 25 luglio, ma fu una schifezza incommensurabile.
Si pensi non solo al tradimento dei nostri alleati tedeschi, ma all’abbandono dell’esercito a se stesso, con innumerevoli diserzioni degli alti gradi e della nostra flotta che, poiché non si sapeva con chi si sarebbe schierata, subì solo in quel giorno ben quattro bombardamenti aerei sia da parte dei tedeschi sia da quella degli angloamericani.
Da allora noi che ci siamo pretesi unilateralmente “cobelligeranti” degli invasori (che avremmo definito “alleati”), a cui avevamo soltanto aperto la via delle Termopili come dei reincarnati Efialte. siamo diventati oggetto del ludibrio mondiale, con le barzellette che si sprecavano e che continuano a rimbalzare di bocca in bocca: “gli italiani sono quelli che hanno inventato la marcia indietro nei carri armati”; “ho detto alla baionetta, non alla camionetta!”
Ci pensarono i volontari della Repubblica Sociale Italiana a salvare il nostro onore e questo non a detta loro o dei loro seguaci ma degli alti ufficiali angloamericani, da Alexander ad Eisenhower.
Ma tutto questo non bastò: nell’italiano medio la furbizia sdrucciola ebbe il sopravvento sull’onore, considerato in fondo una cosa stupida e ci si adeguò alla consuetudine di cambiar casacca, di mutar parola, proponimenti, campo e perfino riferimento ideale con una disinvoltura che non si ritrova presso nessun altro popolo.
Tant’è che nel 1982, allo scoppio della guerra delle Malvine, un Lord britannico ebbe la sfrontataggine di dire “Gli argentini sono per metà italiani e per metà spagnoli: se prevarrà il sangue spagnolo si batteranno, altrimenti scapperanno”.
Nessuno ha pensato di lavare quell’affronto in nessun modo.
Con il tempo i Badoglio di allora sono diventati perfino monumenti d’integrità e di coerenza. Tra la buffonaggine e le sceneggiate, più o meno tutti – non escluse, anzi spesso, in questo, all’avanguardia, le estreme destre – digrignano i denti e la sparano grossa, ma senza alcun’esitazione a tradire gli impegni presi, la parola data, i riferimenti ideali, la fedeltà verso chi cadde o spese la vita per quello che, in teoria, dovrebbero rappresentare.
L’onore, è vero, è ormai una cosa stupida: molto più furbi, opportunisti, concreti, gli ottosettembrini quotidiani (tatuaggi e qualche nome mitico esclusi, ché, altrimenti non ci sarebbe nemmeno più un’immagine di marca) a Badoglio non potrebbero neppure lustrare gli stivali.

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