giovedì 12 Dicembre 2024

Il pranzo è servito

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Si tenga comto delle metamorfosi berlusconiane

La tensione era forte. S’avvertiva nell’aria l’elettricità statica accumularsi nel corso di questi mesi, serviva un elemento che consentisse di uscire da questo stallo.
Ieri sera a Milano, come un nucleo di condensazione che permette ad una nuvola di
rovesciare l’acqua sopraffusa e di liberare l’energia accumulata, la pedina
incontrollata di turno ha espletato il compito ingrato e permesso l’aprirsi della cataratta.
La foto di Berlusconi con il volto pieno di sangue è il risultato di un clima che, partendo da lontano, passando da Noemi  e arrivando a Spatuzza, aveva di fatto conclamato come lo scontro politico in Italia fosse irrimediabilmente bloccato.
Questo stallo era il frutto di una guerra civile fra presunti innovatori e nostalgici conservatori che poco aveva a che fare con i problemi del nostro popolo, e molto invece con la necessità di trovare nuovi e finalmente più duraturi equilibri, a fronte dello stravolgimento dei rapporti di potere sulla scena internazionale.
Il crollo dell’impero sovietico con la conseguente fine dello schema bipolare ha di fatto aperto nuovi spazi in cui realtà economiche e sociali quali Cina ed India si sono inserite con ruoli primari mettendo in crisi l’unico attore rimasto sulla scena internazionale, gli USA, che non ha saputo reagire in questo ventennio se non con il solito schema delle “guerre regionali” tipico della guerra fredda.
Lo scontro di civiltà tanto caro ad Huntington e lo schema della guerra preventiva per la democrazia altro non celavano se non l’esigenza di accaparrarsi e/o mantenere il controllo sulle materie prime e le risorse che con i sistemi di lotta economica tradizionale, stante la crisi che li attanaglia, gli Stati Uniti non sarebbero stati in grado di ottenere.
Questo stravolgimento della situazione internazionale si è riflesso sul nostro paese
con molteplici conseguenze, prima fra tutte la necessità per il mondo politico
tradizionale di trovare nuovi referenti.
Partendo dall’operazione giudiziaria di “mani pulite”, passando dalla dissoluzione del terzo partito comunista del mondo, sfrondati i vertici della politica  nostrana con l’ignominia delle forche caudine carcerarie, serviva un nuovo attore che consentisse di americanizzare definitivamente la scena partitica nazionale snellendola al punto di ridurla sostanzialmente ad una dicotomia.
Mancava infatti qualcuno che fosse in grado di recuperare al gioco politico anche quell’area esclusa da un cinquantennio, facente capo ai superstiti del regime fascista sconfitto nella seconda guerra mondiale, e sostanzialmente di conclamarne una subalternità agli interessi “occidentali” di fatto acquisita già nel primo
dopoguerra.
Quale persona meglio del padrone dell’impero mass mediale che aveva già introdotto,
attraverso le sue televisioni private, usi e costumi d’oltreoceano nelle case di tutti gli italiani, accompagnando la rivoluzione culturale di stampo edonista degli anni ottanta in Italia meglio di quanto non fossero stati in grado di fare trent’anni d’entrismo gramsciano per altri versi?
Ecco allora apparire sulla scena quello che, con una falsa ma felice raffigurazione il quotidiano “il Manifesto” nel 1993 appellò subito come il Cavaliere Nero.
In meno di un anno questo signore fu in grado di dar vita sulle ceneri della Dc e del
PSI al più importante partito di massa degli ultimi trent’anni.
E non solo, quale moderno Caronte traghettò i neofascisti nell’agone politico, togliendoli dall’angolo, e come un moderno Re Mida riuscì a raggruppare intorno a sé una eterogenea compagine capace di sconfiggere la “gioiosa macchina da guerra” progressista perfettamente organizzata dai burocrati cresciuti all’ombra del
Komintern bolscevico.
Passando dalla ricostruzione degli antefatti all’oggi, dopo aver riassunto le ragioni storiche di un’avversione parossistica assai diffusa nel nostro paese per l’uomo politico che  meglio ha saputo negli ultimi vent’anni interpretare i cambiamenti della nostra società, è necessario rilevare come Berlusconi in questi ultimi due anni abbia ben compreso come lo scenario si fosse di nuovo modificato.
L’oggi non è definitivamente più interpretabile con gli schemi di ieri.
Con sullo sfondo una crisi del neo-capitalismo di assai difficile risoluzione, con il velato sospetto di molti che in realtà essa sia decisamente più una crisi del sistema che non la risultante di comportamenti illeciti e senza che si intraveda all’orizzonte nemmeno un “new deal” percorribile per uscire dallo schema tradizionale produzione-profitto; con la necessità di consolidare e comprendere i nuovi assetti geopolitici mondiali, la scena politica nazionale ad un osservatore poco attento sembrerebbe davvero assai povera.
Eppure quello che è in atto in Italia altro non è che il frutto ed il riflesso di quanto è in atto sul palcoscenico mondiale.
Da una parte la necessità di superare definitivamente l’egemonia americana, dall’altra l’esigenza di costruire una nuova forma di rappresentanza che superi le pastoie del parlamentarismo liberale.
Su questi temi è in atto lo scontro sia in Italia che in Europa.
E come nel mito della caverna di Platone l’uomo è vittima delle ombre dell’ apparenza.
Sono infatti spesso erronee le interpretazioni che vedono la comprensione della realtà passare attraverso le esternazioni dei politici o le etichette conclamate.
Berlusconi dopo aver assolto al suo ruolo negli anni di quella che ama chiamare la sua discesa in campo, ha invece ben compreso come fosse necessaria una ulteriore accelerazione del processo di cambiamento della realtà politica italiana.
Il discorso del predellino; l’ulteriore rafforzamento dell’impronta populistica con la dissoluzione della forma partito tradizionale nel più amplio e informe contenitore del Popolo della Libertà; la precedente promulgazione di una legge elettorale che non consentisse la scelta degli eletti, al fine di rimarcare una scelta di tipo cesaristica nella guida del suo raggruppamento politico-parlamentare annullando di fatto l’autonomia degli eletti; l’insistenza nel voler modificare la Costituzione al fine di aumentare il potere del “premier” eletto altro non sono che il riflesso di questa situazione.
Piaccia o non piaccia a nemici ed alleati presunti, Berlusconi ha scelto la strada del cesarismo di spengleriana memoria, non è un caso che non manchi mai di rimarcare la sua amicizia con Putin, perché quello è il modello, ed anche in Europa le ultime riforme dell’agibilità politica della commissione vanno in questa direzione.
Gli ultimi mesi di continue polemiche interne, le oggettive difficoltà di governo sia sul piano sociale ed economico sia sul piano istituzionale, con i continui scontri con tutti gli altri organi istituzionali, ne hanno probabilmente ancor di piùrafforzato le convinzioni.
Molto hanno contribuito gli oppositori, molto Berlusconi ha volontariamente soffiato sul fuoco. Di fatto dopo ieri il pranzo è servito. Quelle macchie di sangue, l’esser definitivamente e mediaticamente la vittima dell’odio dei nemici, gli hanno fornito il pretesto e le ragioni per spingere definitivamente sull’acceleratore.
Vedremo chi sarà in grado di accomodarsi alla sua tavola.
Di certo da ieri per gli avversari l’agibilità politica si è di molto ristretta. Il caso non esiste: il 12 dicembre era l’anniversario di Piazza Fontana, quarant’anni dopo sono cambiati gli scenari, difficile supporre però che siano cambiate le strategie di indirizzo della società.

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