martedì 22 Ottobre 2024

Il terzo turno conterà più del secondo

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La Francia alle prese con un panorama partitico rivoluzionato

Eliseo: in teoria Marine Le Pen potrebbe diventare Presidente, ma perché ciò avvenisse sarebbe necessario che in questi giorni tra i poteri forti francesi scoppiasse une rivoluzione. Altrimenti le cose andranno da previsione aritmetica.
Al primo turno Macron ha raccolto il 27,6 per cento contro il 23,4 di Marine.
Il rimanenente 49 per cento di voti è andato agli altri 9 pretendenti.
Se sommiamo i voti che andranno automaticamente all’uno o all’altro candidato, partiamo con un 33,9 per cento di Macron (che aggiunge ai suoi voti il 6 per cento di verdi e socialisti) e un 35,9 per Marine (voti di Zemmour, Lassalle e Dupont-Aignan).
Quindi, se si parla di affinità elettorali, Marine parte in testa.
Ma restano ancora più del 30 per cento dei voti da distribuire. Questi teoricamente dovrebbero convergere in gran misura su Macron. Si tratta del 4,8 per cento della destra liberale che non necessariamente si trasferiranno sul Presidente, anzi alcuni potrebbero finire a Marine, ma di sicuro non la maggioranza. In quanto al 21,9 di Mélénchon, la consegna di voto è chiara. Tuttavia gli animi sono tesi ed è prevedibile che una buona parte non voterà, né è da escludere che tra coloro che voteranno, uno su cinque non scelga addirittura la sfidante. Infine c’è il 3,7 dei tre candidati di estrema sinistra che dovrebbe in larga misura astenersi.
In pratica a decidere lo score dovrebbero essere il numero di astensioni e la capacità d’intercettare i voti di Mélénchon, il che porta la forbice a favore di Macron da un massimo di 58 a 42 a un minimo di 52 a 48.
Ma non finisce lì.

Giugno sarà decisivo
Il Presidente in Francia ha molti poteri, ma ha bisogno di una maggioranza parlamentare per governare, altrimenti si trova in condizioni d’impotenza.
Considerato che tutti i partiti classici sono stati centrifugati, alle prossime legislative di giugno si avrà un quadro completamente nuovo. Per la prima volta sarà arduo mantenere il “fronte repubblicano” che determina le alleanze di tutti contro il partito lepenista. A meno d’ipotizzare un’alleanza Macron-Mélénchon che è impraticabile per il prosieguo delle riforme, ci sarà un tutti contro tutti. Il che dovrebbe logicamente permettere al Rassemblement National di Marine di eleggere per la prima volta un numero elevato di deputati. Questo avverrebbe a fronte di un Presidente che da tempo raccoglie voti personalmente ma non per il suo partito, La République en Marche, che alle prove elettorali successive al 2017 è andato in picchiata.
È pur vero che i francesi hanno una sorta d’istinto mafioso nazional-statalista e che potrebbero votare numerosi per il partito del Presidente per assicurargli la maggioranza, ma sembra arduo che gli possano concedere nuovamente quella assoluta. Chi rischia di avere la maggioranza relativa di parlamentari è invece la France Insoumise di Mélénchon, che è anche radicata istituzionalmente.
È dunque probabile che si avrà a che fare con una Francia istituzionalmente instabile, perfino traballante e frenata nelle riforme. Questo potrebbe essere risolto nel giro di qualche mese con la dissoluzione del Parlamento da parte di Macron e con una nuova legge elettorale, ma una cosa è certa: nel pieno dell’offensiva antifrancese e antieuropea che si è scatenata per impedire il nostro decollo post-pandemico, diversi mesi di freno a mano conterebbero parecchio.
Marine difficilmente si ritroverà all’Eliseo ma in quel caso avremmo non solo un Capo di Stato senza maggioranza parlamentare, ma con un parlamento coalizzato contro di lei e l’impasse sarebbe totale.
C’è poi la minaccia jihadista che tutte le centrali antifrancesi e antieuropee inseguono per colpire la Francia alle spalle e per indebolirla ulteriormente.
Il fallimento elettorale di Zemmour, i cui discorsi sono incendiari per le banileues e propedeutici a certe insurrezioni, indebolisce però questa strategia. Che, se vogliono, troveranno comunque il modo di realizzare.

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