Un’ideologia accecante fa da guida a pericolose decisioni del Presidente Lula e dei suoi uomini di fiducia. Come l’ostinarsi a voler concedere asilo politico a Cesare Battisti, cercare di insabbiare scandali che coinvolgono la Petrobras – impresa petrolifera a partecipazione statale dove molti membri del partito di Lula ricoprono importanti cariche – anche il non riconoscere la recente vittoria di Porfirio Lobo in Honduras. Le motivazioni? Perché “originate da un golpe”, ma in realtá è perché il candidato eletto non sia di sinistra, o meglio non sia di quella sinistra cara a Lula. (Sottolineo che il Presidente neoeletto Porfirio Lobo, pur essendo considerato conservatore è di fatto un riformista).
Questo posizionamento ideologico di Lula va a rafforzare quella forzata suddivisione dell’America Latina in due blocchi: i pro Chavez quali Chile, Agentina, Paraguay, Uruguay, Ecuador e Bolivia e quelli piú vicini agli Stati Uniti come la Colombia ed Il Panamá. Questa suddivisione rischia di esumare lo spettro di una guerra fredda che fece del continente nel quale viviamo (America Latina) una delle terre piú martoriate.
Se da un lato è giusto che le terre latine del continente americano siano indipendenti dalle ingerenze statunitensi, dall’altro i cittadini di tutti i paesi latinoamericani hanno il diritto di vivere appieno la democrazia in paesi che non siano guidati da presidenti democraticamente eletti, ma poi autoelettisi “caudiglietti”. Il Golpe preventivo dello scorso giugno, ad opera di Micheletti, seppur non “politicamente corretto” è comunque servito ad evitare il sorgere di un nuovo governo folcroristico ed il fatto che lo stesso Micheletti abbia rinunciato a candidarsi ed indetto rapidamente nuove elezioni, mostra che il vero obiettivo non era dunque il golpe per la classica presa di potere (come nel caso dei golpe mascherati da rivoluzione) ma un colpo di stato che ha permesso di consultare nuovamente la popolazione. La popolazione ha scelto, ha vinto il buon senso, quello non dimostrato dal Presidente brasiliano.
Ribadisco che non è di una nuova guerra fredda che l’America Latina ha bisogno, ma di quella maturazione, ed onestá necessarie a fare progredire moralmente, spiritualmene e socialmente i popoli che la abitano, spesso imprigionati in un medioevo dal quale non si esce grazie a miracolose ricette economiche o politiche populiste, ma con programmi di governo seri e lungimiranti attualmente inesistenti in tutti i governi, siano essi di destra o di sinistra.